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Tra fede e vuoto: l'accoglienza pastorale dei sacramenti di guarigione e della celebrazione delle esequie

La morte e la sofferenza sono due dinamiche che attanagliano l'uomo fin dall'origine del mondo. Il Cristianesimo cerca di dare la sua risposta "all'ansia dell'uomo per la sua sorte futura". Le celebrazioni liturgiche che riguardano i sacramenti di guarigione e delle esequie annunciano la verità della fede, che spesso non è colta e celebrata dal popolo di Dio. Riscoprire con la mistagogia questi riti aiuta l'intelligenza della fede a porsi correttamente di fronte a queste dinamiche.

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4 TRA FEDE E VUOTO: L’ACCOGLIENZA PASTORALE DEI SACRAMENTI DI GUARIGIONE E DELLA CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE INTRODUZIONE La nostra vita si gioca su due dinamiche fondamentali: la gioia e il dolore. Si prova gioia quando una vita viene al mondo, quando vediamo un nostro progetto realizzarsi: questo sentimento pervade il nostro animo, ci sembra che la vita sia più leggera, più autenticamente vivibile. La dinamica contraria, cioè il dolore, ci fa sperimentare invece che non siamo perfetti, che anzi abbiamo bisogno dell’altra persona anche solo per alleviare questo senso di angoscia che pian piano consuma la nostra esistenza. Il dolore più forte viene sperimentato proprio dinanzi alle situazioni per cui ci sentiamo impotenti: la sofferenza per una malattia e la morte. Se da un punto di vista prettamente filosofico non troviamo nessuna soluzione, per molti problemi posti, da un punto di vista di fede la risposta è la Croce. Gesù, nonostante tutto, ha sperimentato la sofferenza e la morte, perché tutti noi potessimo avere la vita. Su questa scia, San Paolo, nella lettera ai Colossesi (Cfr. Col 1, 24) ricorda che la sofferenza completa i patimenti di Cristo, comprendendo che è una dinamica salvifica, che mostra in maniera spesso incomprensibile il piano di Dio. Lo ricorda l’Evangelista Giovanni, quando narra del cieco nato: «Passando, vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?”. Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”» (Gv 9, 1-3) 1 . 1 Il ribaltamento della mentalità ebraica, che vedeva nella malattia un castigo per il peccato commesso dal malato stesso, o nel caso di un malato dalla nascita, da qualcuno dei suoi avi, avviene perché Gesù stesso spiega che nel malato si manifestano le opere di Dio. È un sublime esempio, oltre che di pedagogia messianica, di misericordia incarnata e di malattia ordinata alla salvezza, poiché non viene da Dio come punizione, tantomeno come creazione originaria.

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Informazioni tesi

  Autore: Miguel Montefusco
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale - Istituto Teologico Cosentino
  Facoltà: Teologia
  Corso: Liturgia
  Relatore: Luca Perri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 75

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