Quarto Potere: il linguaggio della modernità
A venticinque anni Orson Welles entra nell’alveo dei grandi registi per aver girato quello che, da gran parte della critica, è considerato il miglior film mai realizzato.
Il personaggio di Kane è ispirato al magnate dell’editoria William Randolph Hearst. Il film subì, sin dalla sua uscita nelle sale, il boicottaggio di Hearst che riuscì a limitarne la circolazione, impedendo che venisse recensito o anche solo menzionato dai giornali e dalle radio di sua proprietà.
Welles girò Citizen Kane godendo di un'ampia libertà e di un sostegno economico cospicuo, forte della notorietà ottenuta con le precedenti esperienze teatrali e radiofoniche. La fama del film non cessò nemmeno dopo la sua uscita: l'American Film Institute lo inserisce al primo posto nella classifica dei migliori cento film di tutti i tempi; il National Film Registry lo ha selezionato tra i lungometraggi di cui debba essere garantita la conservazione e la trasmissione ai posteri; dal 1962 al 2002 è stato in cima alla classifica dei migliori film di tutti i tempi, classifica realizzata dalla prestigiosa rivista inglese «Sight and Sound», ricorrendo alla consultazione di critici cinematografici di tutto il mondo; tra le altre onorificenze ricevette il premio del New York Film Critics Circe e del National Board of Review.1
Quarto potere è un capolavoro di tecnica narrativa per tre elementi fondamentali sistematizzati da Welles: l’introduzione del flashback, con cui si apre e snoda l’intero arco della vicenda, l’utilizzo del piano-sequenza realizzato in profondità di campo e il panfocus, tecnica in grado di mettere a fuoco sia i personaggi in primo piano sia quelli collocati su piani successivi. Soprattutto questi ultimi aspetti, che verranno successivamente analizzati, saranno considerati il pregio e il vanto del cinema a venire.
Nel cinema di Orson Welles, grazie all’utilizzazione sistematica della profondità di campo, lo spettatore è più responsabilizzato poiché non è più il découpage a scegliere per noi l'elemento sul quale porre l'attenzione, conferendogli una significazione a priori ma: «è lo spettatore a trovarsi costretto a discernere in quella specie di parallelepipedo di realtà continua avente lo schermo per sezione.»2
Nel caso del montaggio classico, viceversa, lo spettatore si limita a seguire la guida dell’autore, che decide per lui ciò che è necessario vedere. Quarto potere segna invece un nuovo corso nella storia del cinema, modificando non solo le strutture del linguaggio cinematografico, ma anche i rapporti tra lo spettatore e l’immagine. Se il cinema classico propone una verità univoca, una verità comoda, per cui non c’è alcun bisogno di scomodarsi, nel cinema moderno lo spettatore è esposto ad un sistema polisemico e incompleto, dove tutto non è già stato stabilito. Lo spettatore non si limita a contemplare, ma diventa attore, influisce sul funzionamento del sistema, o quantomeno è consapevole del ruolo che potrebbe avere.
Il mio lavoro si occuperà anche di queste tematiche. Esso ha origine dall’emozione che provocò in me la visione del film Quarto potere avvenuta durante il corso di storia e critica del cinema. Così, sulla scorta delle indicazioni bibliografiche suggerite a noi studenti, decisi di approfondire il discorso. Lessi con curiosità di cinefilo cosa era stato scritto sul film. Fu così che mi accostai ai testi di Bazin, i quali mi aprirono nuove possibilità di interpretazione.
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Informazioni tesi
Autore: | Giovanni Pedrollo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Lettere |
Corso: | Scienze e tecnologie delle arti figurative, musica, spettacolo e moda |
Relatore: | Ivelise Perniola |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 80 |
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