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Studiare le arti e le scienze umane è inutile?
9 dicembre 2016
La crisi economica iniziata nel 2008 ha imposto a tutti gli studenti una nuova prospettiva nella scelta del proprio percorso scolastico.
La domanda: “Seguire le proprie passioni o garantirsi un futuro economico?” è diventata centrale, soprattutto se la propria passione non è l’ingegneria matematica ma vive nel campo artistico e umanistico.
In realtà questa domanda ha radici ben più profonde nella percezione che la società e l’establishment politico-economico hanno delle arti in generale.
Una visione solitamente negativa che si traduce in una diminuzione di investimenti in questi settori.
A quanti sono convinti che il campo umanistico nulla abbia da offrire alla società, consigliamo vivamente di leggere la recente ricerca di Paul Benneworth, Magnus Gulbrandsen e Ellen Hazelkorn “The Impact and Future of Arts and Humanities Research” (Palgrave Springer, 2016) che ribalta la prospettiva sull’argomento.
Questo team europeo ha esplorato l’impatto e il valore generati da ricerche finanziate con soldi pubblici nel campo umanistico, analizzando una serie di case studies, tra i quali il lavoro del filosofo norvegese Arne Næss, quello del Dutch Institute for War, Holocaust and Genocide Studies e del filosofo irlandese Philip Pettit.
"Abbiamo iniziato la nostra ricerca con un certo scetticismo", affermano gli autori in un articolo su University World News, “Ma ora siamo convinti che le arti e le scienze umane possano avere un importante valore per la collettività”.
Il reale impatto di queste ricerche infatti, secondo gli autori, si trova nella capacità di incentivare nella società trasformazioni ed evoluzioni positive che impattano su tutta la collettività, non solo sugli specialisti del settore.
Si deve andare oltre la logica che una ricerca crea benefici solo se genera diretti ritorni economici come brevetti, licenze e spin-off companies.
"Senza queste nuove capacità di riflettere e di comprendere sviluppate dalle ricerche nei campi della arti e delle scienze umane, e senza quei fondi pubblici che le rendono possibili, non saremo mai capaci di costruire quella società vivibile, equa e innovativa che ci meritiamo."