La teoria austriaca del ciclo economico, la crisi economica dal punto di vista austriaco
La presente tesi è un lavoro che affronta il problema del ciclo economico offrendo prima un modello teorico e poi un’analisi empirica dell’ultimo decennio. In particolare quest'ultima intende fornire un'interpretazione delle cause dell'ultima crisi finanziaria del biennio 2008-2009, la cosiddetta Grande Recessione. La pericolosità della politica monetaria degli ultimi anni come causa principale della crisi è la tesi qui sostenuta. Il presente lavoro, scritto nel corso del 2008, inoltre non è altro che l'approfondimento di un argomento sollevato già nella precedente tesi di Laurea triennale (2006), in tempi non sospetti. Inoltre, gli stessi scenari avanzati nella parte finale del lavoro sono stati confermati dai recenti eventi, in particolare in tema di ripresa economica e fragilità dei bilanci pubblici.
La teoria del ciclo esposta, è quella della scuola austriaca, una scuola eterodossa dell’economia, i cui maggiori esponenti sono stati Ludwig Von Mises e poi Friedrich von Hayek. La tesi poggia le proprie basi sull’intuizione teorica che fu di Knut Wicksell, il geniale economista svedese. Quest’ultimo, infatti, è stato il primo a considerare il ciclo come un fenomeno innescato da bassi tassi d’interesse monetari che si discostavano da quello che lui definì il tasso d’interesse naturale, il tasso d’interesse che metterebbe in equilibrio domanda ed offerta di capitali se queste potessero incontrarsi in natura e non in forma monetaria. Il punto centrale della teoria è considerare il tasso d’interesse come un fenomeno reale, determinato dalle preferenze intertemporali degli individui, cioè le scelte tra consumo presente e futuro, che a loro volta determinano le scelte tra risparmio ed investimento. L’idea pertanto è che il ciclo economico sia stato innescato da un errore di politica monetaria delle Banche Centrali. In particolare il periodo prolungato di “denaro facile” degli ultimi anni, e l’espansione monetaria senza precedenti che ne è seguita, hanno determinato una forte espansione del credito, una pericolosa moltiplicazione dei mezzi fiduciari e l’avvio di numerosi investimenti, di fatto non sostenibili per la scarsità di capitali del sistema economico. Tal modo di vedere le cose, è giustificato dall’errore sistemico che caratterizza l’esplosione della crisi. Infatti, nella misura in cui profitti e perdite sono all’ordine del giorno nel mondo imprenditoriale, una situazione di fallimenti generali non può essere spiegata con l’idea che gli imprenditori si siano tutti sbagliati, quando fa parte della loro attività “lottare contro un futuro incerto”. Più probabile che tutti siano stati orientati da un dato sistemico errato, come il costo del denaro, e l’abbondanza o meno di credito, che determina la profittabilità e sostenibilità stessa degli investimenti. Applicando la teoria austriaca del ciclo all’ultimo decennio, e all’ultimo ciclo, e tramite un’analisi dei bollettini della BCE e della Fed, la tesi mostra come le autorità monetarie non abbiano ritenuto preoccupante la fortissima espansione creditizia degli ultimi anni. Infatti queste ultime confortate da forti incrementi di produttività, dalla capacità produttiva non pienamente utilizzata, dal fatto che l’indice dei prezzi dei beni di consumo non fosse sensibilmente aumentato, hanno ritenuto innocua la crescita percentuale a due cifre del credito e degli aggregati monetari come M3. Da qui l’errore di politica monetaria che è rimasta cieca davanti ad altri forti segnali provenienti dal sistema produttivo e creditizio. Come la forte esposizione degli istituti di credito, il forte aumento di prezzo di tutti i beni capitali e delle materie prime, sintomi, questi ultimi, del fenomeno inflativo in corso. Infatti è proprio il processo di inflazione sequenziale che determina una “rottura” del sistema dei prezzi, facendo sì che non sia più vantaggioso produrre ai prezzi correnti, determinando quindi la fine del boom e l’inizio del bust. Tale inflazione sebbene sia stata compensata e “nascosta”, per i beni di consumo, da numerose forze che nell’ultimo decennio hanno contribuito ad abbassarli, è stata palese per i beni capitali ed i beni di produzione così come previsto dalla teoria austriaca del ciclo. Le conclusioni che si traggono sono che se le Banche Centrali avessero arrestato l’espansione creditizia per tempo, si sarebbe potuta evitare l’esplosione della crisi di queste dimensioni, che è innanzitutto una crisi di capitali. In secondo luogo, tramite l’analisi teorica ed empirica, la tesi mostra come l’obiettivo di prezzi stabili tanto auspicato dalle autorità monetarie, non solo non abbia alcuna giustificazione teorica, ma possa rivelarsi soprattutto dannoso nel momento in cui sono in atto numerose forze interne al mercato. Infatti stabilizzare o manipolare i prezzi, vuol dire far sì che essi non adempiano più alla loro funzione informativa, che per quanto imperfetta è la cosa migliore di cui dispone un sistema economico.
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandro De Filippo |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Roma Tor Vergata |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze dell'economia |
Relatore: | Michele Bagella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 265 |
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