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Aspetti giuridico-telematici della disciplina contro lo sfruttamento sessuale dei minori

Quello della pedofilia è un fenomeno in continua emersione, e la sua gravità e la sua frequenza sono sempre di più sotto gli occhi di tutti.
Il “fenomeno Internet” non ha bisogno di convenevoli e di presentazioni: è attualmente il mezzo di comunicazione più efficiente, come del resto è dimostrato dal fatto che state leggendo queste righe proprio grazie ad Internet.
Questa tesi affronta l’incontro dell’aspetto criminologico della pedofilia, da una parte, e dell’aspetto comunicativo e sociale di Internet, dall’altra. Questo studio è attuato soprattutto attraverso l’analisi delle fattispecie contenute nella recente Legge 269/98, meglio nota come legge contro la pedofilia.
La repressione penale ruota intorno al concetto di materiale pornografico: se questo riguarda un minore degli anni diciotto, ne è vietato il commercio, la distribuzione, la cessione e ogni altra forma di divulgazione attuata attraverso la Rete. Inoltre, per la prima volta nel nostro ordinamento, viene punita la semplice detenzione di materiale pornografico, considerata come ultimo anello di quella rete di diffusione che parte dallo sfruttatore e arriva fino al “consumatore” finale di pornografia infantile.
La tutela penale di questa nuova legge presta particolare attenzione agli aspetti più attuali del problema della pedofilia, costituiti dalle possibilità di comunicazione e scambio offerte da Internet, e dall’anonimato che questo garantisce a chi voglia sottrarsi alle proprie responsabilità. Si è provveduto a creare gli strumenti investigativi idonei a fronteggiare il problema in maniera efficace: in particolare, è garantita per gli ufficiali di Polizia Giudiziaria la possibilità di procedere, sotto “indicazioni di copertura”, alla creazione di siti Internet e allo scambio simulato di materiale pedofilo, al fine di scoprire i colpevoli e assicurarli alla giustizia. Su questo aspetto il discorso si allarga verso una delle questioni più attuali di Internet: il problema della responsabilità del Provider per fatti commessi dagli utenti, responsabilità che è stata talvolta accolta, talaltra respinta dalla giurisprudenza internazionale, di cui si da ampio resoconto in questa tesi.
Per la sua stessa natura tecnica, e per le sue caratteristiche di mezzo di comunicazione “globale”, Internet non rispetta i confini politici tra gli Stati, e altrettanto fanno di conseguenza coloro che utilizzano la Rete come mezzo per i loro illeciti scambi. Questo fatto comporta almeno due conseguenze. Innanzitutto, il problema ancora irrisolto della legge applicabile in Internet e ad Internet: quale, fra tutte le leggi di tutti gli Stati, si deve applicare a un certo fatto avvenuto nella Rete?
Inoltre, si crea l’esigenza di un confronto comparatistico fra i vari ordinamenti giuridici intorno al trattamento dello sfruttamento sessuale del minore. Questo anche in vista di un’armonizzazione internazionale il più possibile estesa: le caratteristiche di Internet renderebbero vane le legislazioni statali che non prevedano forme di cooperazione internazionale o di giurisdizione extraterritoriale.
Non mancano gli spunti critici verso alcuni aspetti della legge 269/98, in particolare per i problemi di applicabilità e di incoerenza che questa suscita. In ogni caso, si tratta di un segnale importante, che allinea il nostro ordinamento penale al livello di tutela offerto dalla maggior parte dei paesi occidentali, e costituisce un valido punto di partenza per una difesa dell’integrità psico-fisica del minore che sia davvero globale.

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PREVIEW Il fenomeno pedofilia: da Lolita al mostro di Marcinelle (dal §1, Cap. I). Quando, nel 1958, V. Nabokov pubblicò negli Stati Uniti d’America il suo romanzo più famoso, “Lolita”, l’evento suscitò polemiche e imbarazzo in ogni angolo del mondo occidentale. Lolita è la storia dell’amore impossibile tra una adolescente americana e un maturo e misterioso professore venuto dall’Europa; nel corso degli anni lo stesso nome Lolita è divenuto sinonimo di ragazza adolescente, appartenente a una precisa fascia d’età e oggetto delle sconvenienti attenzioni di uomini molto più grandi di lei. Se questi sono stati gli effetti della pubblicazione di un romanzo la cui presunta scabrosità si riduce, a conti fatti, in quasi nulla, significa che poco o niente la società di quel momento conosceva sull’argomento pedofilia1, e che ancora meno era pronta ad affrontarlo. Anche volendo ricollegare a questo momento storico l’inizio di una presa di coscienza da parte della società nei confronti di questo problema, i progressi fatti da allora non sembrano certo significativi se il caso del cosiddetto “mostro di Marcinelle”, accaduto appena qualche anno fa, dimostra che la coscienza civile, in questo caso dell’Europa tutta, cadde di nuovo “dalle nuvole”2. In effetti, non è facile parlare di pedofilia se neppure esiste una definizione legale del fenomeno, a nessun livello. Per cercare di spiegare il problema è necessario partire dalla descrizione minima e oggettiva del comportamento pedofilo. La pedofilia è allora l’attrazione erotico-sessuale di un individuo adulto nei confronti di un soggetto giovanissimo, prepubere o sessualmente immaturo; questa attrazione si sviluppa prescindendo dal sesso dell’individuo oggetto del desiderio e si caratterizza per l’interesse per una delimitata fascia di età del soggetto (generalmente 12 anni o meno), al di sopra della quale il ragazzo/a non è più considerato desiderabile o attraente dal pedofilo. Si tratta quindi di una tendenza verso le caratteristiche di immaturità fisica e psicologica dei soggetti desiderati; ma la fine di questa 1 Il termine deriva dal greco antico e significa letteralmente “amare i fanciulli”. 2 Si veda in proposito “Il caso di Marcinelle nei quotidiani italiani”, di A. Quadri, E. Camussi, E. Zucchi, in Pedofilia, aspetti sociali, psico-giuridici, normativi e vittimologici, Padova, 1999.

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