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Stupefacenti: il periodo dell'assistenzialismo
Dopo il constatato fallimento del proibizionismo, subentra, con la legge n. 685, il periodo dell'assistenzialismo, in cui il consumatore di quantità modiche di stupefacenti è sottratto alla normativa penale, mentre è massimo lo sforzo delle istituzioni pubbliche, più teorico che pratico, per fornire assistenza morale e materiale ai tossicodipendenti.
La legge 685/75 adotta un sistema definito a "forbice", nel senso che, partendo dal presupposto che il tossicomane non può più essere qualificato né un vizioso, né tanto meno un delinquente, bensì solo un malato, adotta per quest'ultimo non già trattamenti punitivi, riservati invece al traffico di stupefacenti, in una ottica general-preventiva, bensì curativi, in una visione più orientata alla prevenzione speciale. La novità, pertanto, di tale legge consiste in un arretramento del tradizionale intervento punitivo nei confronti del consumo di modiche quantità di stupefacenti, il che però non significa affatto che ciò abbia comportato una sostanziale libertà di drogarsi. Una lettura attenta della legge dimostra che la detenzione di modiche quantità di stupefacenti, ex art. 80 c. 2, costituisce sempre un atto illecito, per cui la norma in questione prevede solo una condizione di non punibilità, in quanto la sostanza stupefacente è soggetta a confisca.
Non va inoltre dimenticato che la legge 685/75 non si limita a non punire, in senso tradizionale, il detentore di piccoli quantitativi di stupefacente, bensì ne prevede (artt. 99 ss), il trattamento terapeutico obbligatorio, il quale, almeno nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe fungere quasi da "misura sostitutiva" della detenzione prevista nella precedente legge del 1954.
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