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Il Re e Badoglio fuggono da Roma
Il maresciallo Badoglio lascia la capitale assieme a Vittorio Emanuele III e alla famiglia reale. La fuga del re e di Badoglio verso Pescara assume a questo punto significati diversi. Da un lato si può supporre che il re intenda salvare la monarchia e la continuità dello Stato, mettendo la sua persona al sicuro da qualche colpo di mano tedesco. Ma questi ha trascurato il fatto (o forse no) che così facendo lascerà la capitale nelle mani feroci dei tedeschi. Se la fuga del re è poco giustificabile, quella di Badoglio lo è ancor meno. Come capo del governo, l'"eroe di Addis Abeba", dovrebbe rimanere a Roma per comandare l'esercito impegnato nella difesa della capitale. Ma non solo, egli dovrebbe perlomeno impartire al generale Carboni e al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Roatta ordini precisi sul da farsi. Invece assieme a Badoglio e alla famiglia reale fuggono anche i generali che dovrebbero manovrare la macchina militare italiana, per tentare di far fronte alla reazione tedesca dopo l'armistizio.
Quando Badoglio con la famiglia reale giunge al molo di Ortona a Mare (nelle vicinanze di Pescara) per salire sulla corvetta Baionetta (che li porterà a Brindisi, sede del futuro "Regno del Sud" ) essi trovano sul posto la quasi totalità dello Stato Maggiore, fra questi anche Ambrosio e Roatta. Badoglio li dovrebbe far fucilare come fuggiaschi, invece a Brindisi li riconferma nei loro incarichi, cosa che procura alla fuga di Pescara una fama ancor più ignominiosa.
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