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Il concetto di Nichilismo secondo Vattimo

Il concetto di Nichilismo secondo Vattimo



Il punto di vista che Vattimo ha sviluppato è che il nichilismo (deriva dal latino nihil che vuol dire niente) sia l’interpretazione postmoderna del cristianesimo. La morte di Dio, infatti, annuncia da Nietzsche non è altro che la morte di Gesù sulla croce. La morte di Dio significa, in Nietzsche, la dissoluzione finale dei valori supremi e della credenza metafisica in un ordine dell’essere oggettivo ed eterno, vale a dire il nichilismo.
Il nichilismo è cristianesimo nella misura in cui Gesù non è venuto al mondo per mostrare l’ordine naturale ma per distruggerlo in nome della carità. Amare il tuo nemico non è esattamente ciò che ordina la natura e soprattutto non è ciò che naturalmente accade.
Possiamo dire che stiamo vivendo nell’età dello Spirito. Vale a dire, viviamo in un’epoca che attraverso la scienza e la tecnologia può fare a meno della metafisica e del Dio metafisico, in un’epoca nichilista. Un’epoca in cui la nostra religiosità può svilupparsi finalmente nella forma di una carità che non dipenda più dalla verità. Non c’è (non ci dovrebbe essere) altro che carità, accoglienza, verso l’altro. Nell’età dello Spirito, vale a dire nell’età della fine della metafisica perché mai i credenti cristiani dovrebbero ancora preoccuparsi dell’ordine naturale? Quanti cristiani oggi ancora credono letteralmente a una vita dopo la morte, immaginata come la continuazione di quella presente con l’aggiunta di una beatitudine o di una punizione eterna? Per questo la Chiesa si trova a combattere l’impatto ateistico della cosmologia moderna rifiutando le pretese di obiettività e quindi di verità della scienza naturale sperimentale. Essa funziona come uno sguardo da nessun luogo; il gioco linguistico della scienza non ha nulla a che fare con quello della religione, nessuna delle due può arrogarsi il diritto di dire l’ultima parola. Ma Heidegger si rese conto che anche la pretesa oggettività delle scienze è ispirata da un interesse determinato, quello, per esempio, di descrivere il movimento dei gas in modo che altri possono parlarne ugualmente e sviluppare questa conoscenza. Gli scienziati non sono mossi dall’impulso della verità, non è possibile immaginare il rapporto fra mondo e conoscenza come il mondo e lo specchio del mondo, ma come il mondo e qualcuno che sta nel mondo e si orienta in esso utilizzando le sue capacità conoscitive, cioè scegliendo, riorganizzando, trafficando, ecc. Il concetto di interpretazione è tutto qui: non c’è esperienza di verità che non sia interpretativa; io non conosco niente se non mi interessa, ma se mi interessa è evidente che non lo guardo in modo disinteressato.Tra l’altro, nessuno scienziato studia tutta la fisica da principio, quasi tutti si fidano dei manuali e da lì in poi sviluppano altro. Questo è un dato di fatto accettato. Che gli scienziati non vengano poi a raccontarci che quello che fanno è descrivere oggettivamente il mondo. Descrivono il mondo con strumenti rigorosi che sono però determinati e storicamente qualificati. Inoltre, secondo Vattimo, noi siamo in un mondo che è diventato favola in tanti sensi. Se vedete un incidente stradale correte a casa per guardare alla televisione cosa è successo davvero perché voi eravate in un punto determinato e non avete visto tanto bene. Ed è questo ciò che viviamo quotidianamente. Si è consumata l’oggettività del mondo a favore di una sempre crescente trasformazione soggettiva, non individuale, ma delle comunità, delle culture, delle scienze, dei linguaggi. Ma il cristianesimo può contribuire alla costruzione di un’Europa unita – e dunque più pacifica, più democratica, anche più competitiva sul piano economico – solo se sviluppa la propria natura postmoderna. E che, d’altra parte, la decisione politica di costruire un’Europa federale obbliga il cristianesimo a riconoscere questa propria vocazione postmoderna. Si tratta, per Vattimo, di riconoscere che il cristianesimo può assolvere ancora alla propria vocazione storica di costituire il fondamento di valore dell’Europa moderna solo se, anche a costo di una profonda trasformazione della Chiesa, o delle Chiese, riuscirà a pensarsi e a viversi come una religione della dissoluzione del sacro a favore di un sempre più ampio riconoscimento del solo principio della libertà e della carità.



Tratto da LE CORRENTI DI PENSIERO CONTEMPORANEE di Gabriella Galbiati
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