Gli istituti archivistici del xx sec.
La possibilità che istituti archivistici distruggessero documentazione in essi già raccolta si è attenuata nel corso del 900. La normativa ha continuato a prevederla, ma solo per casi eccezionali. Di fatto, e anche oggi, scarti di documenti che sono presso archivi di Stato vengono effettuati, dopo controlli di organi centrali, soprattutto se lo stato di conservazione materiale degli stessi è così irrimediabilmente compromesso da renderne davvero inutile la relativa conservazione. A partire dai primi anni del 900 le operazioni di scarto sono state in generale effettuate prima che la documentazione fosse raccolta in istituti conservativi. L’esigenza di selezionare, prima che vengano per così dire consacrate all’eternità, carte ritenute inutili come memoria fonte, è stata avvertita, a livello normativo, sin dai primi anni del 900, quando la produzione archivistica ha comunicato a crescere a ritmo più intenso che nei periodi precedenti. Dopo l’entrata in vigore della legge archivistica del 1963, il controllo almeno sul piano normativo, non è stato più episodico; l’attività distruttiva non è stata più separata da quella conservativa. Il parametro generale cui ha fatto finora riferimento l’azione distruttiva è da individuare nella tendenza a voler operare senza danno della storia e dell’amministrazione, o detto in altri termini, senza danno alla documentazione in quanto memoria auto documentazione e memoria fonte. Il danno all’amministrazione non è stato mai, o quasi mai rilevato. L’uso come memoria auto documentazione di materiale archivistico prodotto o acquisito da uffici, organi, enti, ecc., statali, centrali, periferici, è limitato ormai da tempo al breve periodo. Il concreto esercizio delle funzioni loro assegnate li porta a utilizzare solo una parte quantitativamente circoscritta della complessiva documentazione che hanno a disposizione. Tenere inutilizzate nella loro integrità masse cartacee sparse in varie sedi, significa per quanti operano al loro interno, arrendersi inermi di fronte al pericolo che minaccia di paralizzarli. Essi sono portati per lo più a pensare che conservare, anziché distruggere, procuri danno all’amministrazione, cioè ai modi tramite i quali le diverse strutture organizzative si articolano e si auto conservano. Così qualsiasi intervento, tanto meglio se avallato da esperti, da archivisti, che li liberi dalle masse documentarie che in quanto appartenenti a un passato anche prossimo è altra cosa dal presente con cui devono fare i conti, è visto come liberatorio. Poco importa per chi le ha accumulate, se la liberazione passa per la conservazione che spetta ad altri di decidere, o per la distruzione. Il danno alla storia, è stato di tanto in tanto rilevato, sia che si tratti di distruzioni clandestine e anonime, operate soprattutto in passato, sia che si tratti di distruzioni legali, sanzionate, ieri come oggi, in ossequio alla norma, dai crismi burocratici di rito. Per tentare di definirlo nelle sue dimensioni,occorre fare alcune osservazioni preliminari.
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Dettagli appunto:
- Autore: Alessia Muliere
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Scienze Umanistiche
- Titolo del libro: Gli archivi tra passato e presente
- Autore del libro: Isabella Zanni Rosiello
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