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Douglas North


Economista successivo ai mercantilisti e a Smith che ha scritto tanto di economia riprendendo Smith e i primi pensatori per dimostrare che una cosa fondamentale che sta alla base della ricchezza sono tutta una serie di fenomeni che non sono generalmente attribuibili all'economia, allo scambio, ai costi di produzione, al lavoro, al costo della materia prima, ai macchinari, alla tecnologia ma che ci devono essere per esaltare l'attività di scambio.

I fenomeni che North sottolinea: la fiducia, cioè l'esistenza di rapporti di fiducia tra persone, tra ambienti diversi, tra paesi e imprese diverse; l'esistenza di istituzioni che abbiano una buona qualità, cioè buona giustizia, tribunali, burocrazia e scuole funzionanti; qualità delle regole, la reciprocità, sono tutti elementi indispensabili anzi che vengono prima della crescita.

Dunque, le istituzioni, le regole e la fiducia favoriscono l’attività economica (scambio, commerci). Per North però alla base della ricchezza vi sono fenomeni non legati all'economia ma legati ad altro e ci devono essere per esaltare l’attività di scambio.

Questo è un dibattito molto antico: viene prima l'economia cioè il progresso, lo sviluppo, la tecnologia e poi la democrazia o viceversa?
È  difficile stabilire leggi in questo, ma ci sono molti scienziati sociali che ritengono che, mentre puoi avere anche delle situazioni di crescita in situazioni politicamente e socialmente molto arretrate o molto negative (come nel caso di un paese dittatoriale, senza libertà di stampa, senza scuole funzionanti) un paese simile può crescere perché magari può sfruttare giacimenti, ricchezza ecc. però molti economisti oggi ritengono che l'esistenza di diritti (da quelli politici più basilari ai diritti di proprietà, o salvaguardia dei contratti) e la buona qualità delle istituzioni siano dei presupposti fondamentali che poi determinano la crescita economica.

Questo è un primo approccio che nuovamente conferma quanto detto prima: quando si parla di globalizzazione, non si intende mercati massimi, regole e stati minimi, non è questo e non esiste nessuna contrapposizione forte tra stato e mercato, ma esiste invece una situazione che rende possibile, rende fertile e attiva l'economia di mercato. Questa situazione è realizzata dagli stati, dalle regole e da tutta una serie di cose che abbattono i costi di transazione. Si riprendono esempi dalla storia del '600 e del '700 ma anche la teoria di North chiamata "neo-istituzionalista" in cui lui fa vedere che, per potersi esaltare nei suoi effetti benefici, l'attività commerciale richiede tante cose più o meno materiali come per esempio la realizzazione di infrastrutture, trasporti, (la realizzazione di strade, porti) la logistica funzionante che se manca, è difficile commerciale a livello internazionale, comunicazioni e queste sono le cose materiali. Poi però richiede cose meno materiali come l'esistenza di fiducia, la possibilità di potersi informare, una buona circolazione di informazioni e della comunicazione, richiede anche basi normative forti cioè il fatto che esista il rispetto dei contratti e se questi non vengono rispettati, esiste la possibilità di ribadirlo nei confronti della controparte.

In definitiva, con il mercantilismo si crea, in modo embrionale, in maniera settorialmente molto specifica, un’alleanza tra il sovrano e il mercante o la società commerciale per raggiungere l’obbiettivo fondamentale di massimizzare la bilancia commerciale di un paese ma ancor di più per fare in modo che questo obiettivo avvenisse attraverso un processo di abbattimento dei costi di transazione, al punto tale che il sovrano si spogliava di gran parte delle sue prerogative. Infatti, i caratteri o simboli più importanti della sovranità nazionale sono due: l'esercito è l'emblema della sovranità nazionale e in alcuni casi il sovrano si spogliava di questa sovranità a favore dei mercanti che potevano avere una loro milizia, potevano dichiarare guerra; la moneta è l'altro emblema della sovranità, ovvero la possibilità di battere moneta per il sovrano, con la propria zecca, proprie regole e propria disciplina monetaria.

Dunque, con il mercantilismo lo Stato si spogliava (esempio, quando si è creato l'euro si è detto che non si perdeva la sovranità monetaria perché questa sovranità si condivideva con altri paesi ma fondamentalmente l'Italia ha perso la possibilità di emettere moneta e di avere una banca centrale che gestisse in modo autonomo la propria politica monetaria).
Per potersi globalizzare, per poter realizzare quei guadagni che in termini economici erano dati dal maggiore ingresso di oro grazie all'esportazione di pelli di castoro o altri prodotti in giro per il mondo, per poter realizzare l'obiettivo fondamentale di benessere del mercantilista si aveva una cessione di sovranità nazionale dal sovrano al mercante, dal sovrano ai padroni delle compagnie a cui il sovrano dava il monopolio. Questa era una cessione molto forte perché riguardava gli elementi fondamentali della sovranità nazionale cioè esercito e moneta (si raggiungono accordi tra Stati-nazione e Società commerciali per abbattere i CDT).

Tratto da STORIA DELLA POLITICA ECONOMICA INTERNAZIONALE di Federica Palmigiano
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