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Aumento delle disuguaglianze


Al solito, gli economisti non riescono a fare una scelta netta, hanno visioni controverse studiano alternative, ci sono sempre argomenti pro e contro.

Alla base della crescita, quindi anche della riduzione delle disuguaglianze, bisogna far sì che aumenti la produttività del lavoro, dei fattori produttivi.
Vengono fatti ragionamenti molto simili a quelli di Smith.

Mentre è fondamentale che si aumenti la produttività, qual è la relazione tra globalizzazione e produttività?
Anche qui la relazione non è univoca, chiara o netta, ma è controversa.

Ci sono delle ragioni che ci inducono a pensare che la produttività magari è bassa perché la globalizzazione è insufficiente, quindi maggiore globalizzazione dovrebbe portarci a un aumento della produttività, e ragioni invece che ci inducono a pensare che la produttività è alta per troppa globalizzazione. Da qui il messaggio della necessità di avere una forma di globalizzazione intelligente, moderata del tipo di quella che ha trainato l'economia mondiale dopo Bretton Woods; né poca globalizzazione, né eccessi di iper-globalizzazione.
Gli argomenti che parlano di bassa produttività per globalizzazione insufficiente vedono le cause nella bassa integrazione e nel technology transfer.
Poggiano sul fatto che integrarsi conviene, integrarsi favorisce la conoscenza, la specializzazione, la possibilità di avere un mercato più ampio, la possibilità di cogliere le opportunità della globalizzazione, favorisce la possibilità che paesi ad esempio come l'Italia, regioni come la Sicilia riescano a specializzarsi cogliendo le opportunità della globalizzazione, ad esempio la specializzazione nel produrre beni alimentari  di alta qualità; ci sono imprese sorte anche in età della crisi, che sono riuscite a specializzarsi in produzioni agro-alimentari, agricole, di tipo manifatturiero, che senza la spinta della globalizzazione, senza la domanda di prodotti di alta qualità dal resto del mondo man mano che emerge, non si sarebbero mai potute specializzare, crescere, realizzando redditi in queste produzioni. Integrarsi aumenta la produttività, integrarsi conviene, è uno scambio di conoscenze, esperienze, è anche una possibilità di avere economie di scala, possibilità di acquisire tecnologia che altrimenti non si avrebbero, innovazioni che altrimenti non si potrebbero fare.
Questa era la risposta del "bicchiere mezzo pieno".

Ma si può dire che la globalizzazione può ridurre la produttività, quindi che essa è bassa perché c'è stata troppa apertura ai mercati internazionali, troppa globalizzazione, eccessiva?
Sì, perché ci possono essere state situazioni di contagio, di crisi che si diffondono e se si è un mercato chiuso, è molto più facile essere contagiati. Ci possono essere stati casi di paesi che si sono specializzati nelle produzioni a minor valore aggiunto, casi di eccessiva specializzazione o di sfruttamento nel corso dei secoli: esempio, prima fase della globalizzazione 1870-1914, qui chi guadagnò erano soprattutto le economie avanzate, gli altri erano soggiogati dalla politica della potenza, dall'imperialismo, dallo sfruttamento. Quindi causa della bassa produttività è la troppa specializzazione, sfruttamento, crisi.

La verità sta nel mezzo: bisogna trovarla nella storia, nella pratica. Secondo Rodrick, la cosa migliore è un regime di integrazione ma moderato, una globalizzazione moderata come quella di BW, un regime in cui la globalizzazione non è eccessiva, non è far west ma ha dei limiti e controlli, favorisce le potenzialità di crescita e funziona in modo efficace. Magari ad alcuni questa non soddisfa, si preferisce una cosa o l'altra, eppure il bilancio di essa è positivo, misto con alcuni casi risultati positivi e altri negativi. La cosa migliore è andare avanti nel mondo e trovare meccanismi di gestione, di governance e condivisione democratica della situazione per ridurre l'infelicità e aumentare le opportunità e il merito.

Proverbio cinese: è bene lasciare aperte le finestre, ma non dimenticate mai di montare le zanzariere, cioè integrarsi e muoversi nel mondo fa bene, non fa bene stare chiusi, ma non bisogna dimenticare di applicare reti di sicurezza, di controllo, di limiti (come avevano fatto BW e Keynes).

Tratto da STORIA DELLA POLITICA ECONOMICA INTERNAZIONALE di Federica Palmigiano
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