Fondazione e consolidamento del primo impero cinese (221 a.C. - 9 d.C.)
Fondazione e consolidamento del primo impero cinese (221 a.C. - 9 d.C.)
La dinastia Qin (221-206)
Nel 221 a.C. il re Qin Ying Zheng riusciva finalmente a realizzare il sognò dell’unificazione della tianxia, letteralmente: tutto ciò che sta sotto il cielo. Era il Primo Impero cinese. Corollario di questa gigantesca impresa fu l’incoronazione di Ying Zheng con il magnifico titolo di shi huangdi, primo imperatore. Si trattava di un titolo importante, e l’usarlo poteva quasi sembrare uno sprezzo verso la tradizione: la parola huang era stata fino ad allora usata solamente per indicare i sovrani della più remota antichità, quelli che avevano dato origine alla civiltà umana; mentre il titolo di, era, presso gli Shang, indicativo degli antenati oggetto di culto e degni di venerazione religiosa. Si comprende dunque come Ying Zheng, ribattezzandosi Shi Huangdi, intendesse sottolineare l’insta-urazione di un ordine nuovo, destinato a regnare nell’onore e nella gloria per diecimila generazioni.
Ma realizzare un impero, per quanto arduo possa essere, è sempre solo la prima tappa nella costruzione di una grande impresa: la tappa successiva è renderlo compatto ed unito, far si che possa sopravvivere al suo primo inverno. Shi Huangdi si dedicò all’edificazione del suo impero con la stessa dedizione e abilità con le quali aveva portato avanti l’unificazione della tianxia, ma anche con la stessa tremenda spregiudicatezza. Yang Zheng era un abilissimo uomo politico, intelligente e capace, ma era anche privo di scrupoli nel raggiungimento dei suoi obiettivi. Il consolidamento dell’Impero fu quindi condotto senza esitazioni di sorta.
Assieme al suo primo ministro Li Si, con il quale Shi Huangdi era in perfetta sintonia, furono varate una grande serie di riforme ed interventi che, nell’arco di pochi anni, sarebbero riuscite a trasformare i vecchi ‘stati combattenti’ in un’entità statale unita ed omogenea. Shi Huangdi non fu solo l’unificatore della Cina, ma anche il suo primo timoniere; furono le sue riforme a plasmare la struttura del Primo Impero.
Gli obiettivi fondamentali erano due: il consolidamento dell’unificazione degli immensi territori conquistati, e la centralizzazione del potere. Il forzato trasferimento nella capitale imperiale di oltre 120mila famiglie aristocratiche e la suddivisione del territorio in governatorati che non rispettavano i vecchi confini, sancì la fine di ciò che rimaneva della precedente organizzazione politica. I sistemi di misura, quelli monetari, quelli di scrittura, vennero unificati; vennero tacciate nuove strade e nuovi canali per le comunicazioni fluviali. Le guerre di pacificazione tuttavia continuarono per molti anni: le aristocrazie e le popolazioni dei vecchi stati insorsero spesso contro il nuovo potere, ma alla fine, le truppe imperiali ebbero ragione di ogni resistenza. Sembrava che nulla potesse fermare gli eserciti di Shi Huangdi (Ying Zheng): essi si spinsero a Sud arrivando a conquistare regioni che fino ad allora erano state solo ai margini del mondo cinese, come al piana di Hanoi, nel Vietnam settentrionale. Nel Nord gli eserciti imperiali mossero finalmente contro le tribù dei cacciatori nomadi, che avevano cominciato ad unirsi nella prima grande confederazione di allevatori della storia, la Xiongnu. Queste tribù di allevatori-cacciatori non appartenevano al mondo cinese, ma da secoli erano in contatto con esso, spesso pacificamente ma altrettanto spesso ostilmente, rendendosi responsabili di incursioni e razzie anche su grande scala. Shi Huangdi fece unificare tutte le muraglie già erette presso i confini settentrionali dei vecchi regni di Qui, Zhao e Yan, creando così la prima Grande Muraglia cinese, lunga già allora più di 5000 chilometri, dal Gansu fino alla costa del Liaodong. Contemporaneamente, nel 213 a.C., un esercito di centomila uomini sconfiggeva gli Xiongnu e li ricacciava più a Nord.
Difesa, pacificazione e conquista si fusero assieme sotto il regno di Shi Huangdi, ma i costi di questi successi, così come le gigantesche opere infrastrutturali e gli sfarzosi palazzi che furono edificati nella capitale (di cui oggi non rimane però quasi nulla), costarono sacrifici enormi ai contadini di tutto l’impero, che dovettero, oltre alle tasse, abbandonare i campi per combattere o realizzare le opere infrastrutturali. Per mantenere la pace interna e il proprio potere Shi Huangdi e Li Si ricorsero a leggi ferree, applicandole senza scrupoli. Così, ad esempio, nel 212 a.C., quattrocentosessanta letterati e sapienti provenienti da tutto l’Impero furono sepolti vivi perché avevano violato il decreto che imponeva di non rifarsi alla tradizione. Un anno prima infatti, nel tentativo di cancellare il passato per la gloria del presente, Shi Huangdi aveva ordinato di bruciare tutti i testi antichi che non trattassero di argomenti tecnici o scientifici; una copia di questi testi sarebbe stata conservata nella biblioteca imperiale ad uso esclusivo delle alte cariche del governo. Chiunque poi, avesse osato criticare il presente sulla base della tradizione, sarebbe stato sepolto vivo assieme alla sua famiglia. Lo stesso principe ereditario fu esiliato per aver espresso critiche a questa politica.
Come detto dei palazzi imperiali non è rimasto quasi nulla, ma dall’estensione della area dei resti è facilmente intuibile la loro grandezza. Deduzione che risulta verificata dallo straordinario ritrovamento di un immenso monumento sotterraneo accanto al mausoleo dell’imperatore; in esso è contenuto un intero esercito di statuette di terracotta raffigurante soldati dell’epoca in grandezza naturale, fieramente schierate a difesa del corpo di colui che si era incoronato come il Supremo Antenato dell’Impero cinese, la cui dinastia avrebbe regnato per diecimila generazioni.
La crisi della dinastia Qin
In realtà però la dinastia di Shi Huangdi (Ying Zheng) non sopravisse al suo trapasso, avvenuto nel 210 a.C. L’eccesiva durezza delle sue leggi e la spietatezza con cui le fece applicare segnarono la benevolenza verso i suoi eredi dopo che egli fu morto. A corte le lotte per il potere iniziarono subito a moltiplicarsi e una grande rivolta popolare, scoppiava nel 209 a.C. si diffuse rapidamente al resto del paese. L’iniziativa della rivolta era stata presa da due contadini che, mentre si stavano dirigendo assieme ad altre reclute verso al frontiera settentrionale per presentarsi a servizio, furono bloccate dalla pioggia con il rischio di arrivare in ritardo. La durissima legge imperiale prevedeva in questi casi la pena di morte senza attenuanti, così, al piccolo gruppo costretto all’insurrezione si aggiunsero ben presto moltissimi altri contadini stanchi delle troppe vessazioni. Estesasi fino a diventare incontrollabile la rivolta ebbe il sopravvento nel 206 a.C., quando il nipote erede di Shi Huangdi, Zi Ying, si arrese consegnando la capitale imperiale a Liu Bang, un uomo di umili origini divenuto frattanto leader della rivolta. La prima dinastia dell’Impero cinese era stata stroncata.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Lorenzo Possamai
[Visita la sua tesi: "Enrico Mattei, qualcuno mi sostituirà"]
- Università: Università degli Studi di Padova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia cinese
- Titolo del libro: Storia della Cina
- Autore del libro: Mario Sabattini e Paolo Santangelo
- Editore: Laterza
- Anno pubblicazione: 2010
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