Economia e società cinese durante la dinastia Qing
Economia e società cinese durante la dinastia Qing
Le strutture economiche e sociali dell’epoca Qing rappresentano semplicemente l’evoluzione qualitativa e quantitativa di quelle della dinastia Song e Yuan. L’agricoltura continuò il suo sviluppo grazie al miglioramento delle tecniche agricole, alla messa a coltura di nuove terre e alla redistribuzione realizzata soprattutto sotto il regno di Kangxi. Da segnalare nel campo agricolo è l’ulte-riore crescita dell’estensione dei terreni adibiti alle produzioni legate al commercio (cotone, tabacco, tè) soprattutto nelle province meridionali, quelle più dedite al commercio e alla produzione ‘industriale’.
Il fenomeno più rilevante del periodo Qing è senza alcun dubbio l’incredibile crescita demografica: la popolazione della Cina, che già superava i cento milioni nel tardo regno Tang, raggiunse i centocinquanta milioni verso la metà del XVIII secolo (1700), per arrivare a trecento milioni intorno al 1800. Una crescita a dir poco strabiliante, che faceva della Cina, già all’epoca, il più popoloso paese del mondo. Le cause del fenomeno furono diverse, ma è abbastanza facile individuare la principale nelle grandi trasformazioni economiche iniziate sotto i Tang e proseguite con i Song e gli Yuan. Un contributo notevole fu poi generato dall’assenza di grandi guerre distruttive, come quelle che avevano devastato le regioni settentrionali alla caduta della dinastia Tang. Importante fu anche la maggior efficienza dell’apparato statale, sia nell’opera sanitaria che in quella di perequazione dei prezzi durante le carestie. Non ultimo l’opera di riforma del sistema di tassazione inaugurata da Kangxi nel 1716 ed estesa a tutto l’Impero da Yongzheng e Qianlong nella seconda metà del XVIII secolo, che contribuì a ridurre gli abusi fiscali che talvolta le autorità locali perpetuavano a danno dei contadini e che migliorò apprezzabilmente il gettito statale. In generale è possibile affermare che il contadino cinese della metà del Settecento era nutrito e viveva in maniera migliore rispetto al suo coevo europeo.
Diretta conseguenza di questa straordinaria esplosione demografica fu la sinizzazione della Manciuria. La regione mancese era sempre stata preclusa ai cinesi perché abitata da agguerrite popolazioni nomadi, ma la fioritura del Regno sino-barbarico di Yan prima, e le campagne militari intraprese dagli Yuan poi, avevano progressivamente contribuito a civilizzare la regione, come s’è visto all’inizio del capitolo a proposito dei Nuzhen. L’ascesa dei Qing, che condusse all’annessione all’Impero della regione, completò questo processo di sinizzazione della Manciuria. Non pare quindi strano che non appena l’esplosione demografica rese sovrappopolato il bacino dello Huang He, un numero sempre maggiore di contadini cinese si spostasse nella regione alla ricerca di terra. Fu proprio questa grande migrazione a trasformare la composizione etnica della regione a favore dei cinesi. Un fenomeno simile accadde nelle province meridionali dello Yunnan, del Guizhou e del Guangxi, dove era ancora forte la presenza delle antiche popolazioni aborigene locali (thai, miao, yao, tibetane, birmane). Queste popolazioni -che sopravvivono ancora oggi come minoranze nella Repubblica popolare- furono in parte private delle loro terre da parte dei nuovi arrivati cinesi, e compresse nelle zone di confine o in quelle più isolate e montuose.
COMMERCIO
A parte la grande esplosione demografica e la normale evoluzione economica, le strutture base non subirono -come detto- sostanziali cambiamenti. La rete commerciale interna continuò a svilupparsi (e il meridione rimase l’area più ricca e urbanizzate), così come quella internazionale: numerose comunità di mercanti cinesi erano stabilite a Nagasaki, e nel Borneo si era anche costituita una “piccola repubblica marinara” di 200’000 cinesi. Controllato da mercanti cinesi era pure il mercato dell’Asia centrale. Anche il modo con cui le autorità consideravano il commercio rimase impostato sull’etica confuciana e, almeno nella teoria, esse finsero di volerlo discriminare. Tuttavia il cambiamento dei tempi si palesava attraverso le parole pronunciate nel 1748 da Qianlong, che disse che era meglio lasciare al popolo gli affari commerciali e la libera circolazione delle merci, perché l’interferenza del governo era più negativa che positiva. Del resto uno studio compiuto a fine Ottocento, rivelava che la classe dirigente cinese, esclusa la corte e la nobiltà, non superava il 2% della popolazione; questa elite era a sua volta composta per il 2% da funzionari in servizio, per il 12% da diplomati non in carica, e per il restante 86% da ricchi proprietari fondiari e grossi mercanti.
Seppure con gradualità e lentezza, e senza che si volesse affermarlo ufficialmente, qualcosa stava emergendo dai lenti sommovimento sociali iniziati chetamente già nel tardo periodo Tang. Uno degli più visibili fu la progressiva caduta delle discriminazioni giuridiche verso il “popolo basso” (servi, prostitute, musicisti, battellieri, pescatori, mendicanti e discendenti di criminali), che si ebbe sotto l’imperatore Yongzheng.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Lorenzo Possamai
[Visita la sua tesi: "Enrico Mattei, qualcuno mi sostituirà"]
- Università: Università degli Studi di Padova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia cinese
- Titolo del libro: Storia della Cina
- Autore del libro: Mario Sabattini e Paolo Santangelo
- Editore: Laterza
- Anno pubblicazione: 2010
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