Liberalismo
L’approccio liberale alle Relazioni Internazionali è strettamente correlato con l’emergere del moderno stato liberale: i filosofi liberali scorgevano grandi potenzialità per il progresso umano nella moderna società civile e nell’economia capitalista, entrambe destinate a prosperare negli stati che garantiscono la libertà individuale.
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Su questo si fonda la fede liberale nel progresso: lo stato liberale promuove la formazione di un sistema politico ed economico destinato a portare la maggiore felicità possibile al maggior numero possibile di individui.
Per i liberali lo stato è un’entità costituzionale, un Rechtsstaat, che istituisce e impone la regola della legge, rispettando i diritti dei cittadini alla vita, alla libertà e alla proprietà. Stati costituzionali di questa natura non possono che rispettarsi a vicenda e trattare l’uno con l’altro secondo le norme della reciproca tolleranza.
In generale, i liberali hanno una visione positiva della natura umana: nutrono una fede profonda nella ragione umana e nella possibilità di applicare principi razionali agli affari internazionali pur riconoscendo che gli individui sono in una certa misura egoisti e competitivi, ritengono che essi condividano molti interessi e possano dunque impegnarsi in comportamenti sociali collaborativi e cooperativi, tanto sul piano interno quanto su quello internazionale.
Conflitti e guerre non sono inevitabili
Teoria razionale della guerra: il conflitto è sempre un errore e le cause possono essere di 2 tipi:
1. gli stati hanno interessi simili, ma ci sono dei malintesi, risolvibili, comunque, in modo pacifico
2. gli stati hanno interessi conflittuali e il conflitto scoppia a causa di un deficit di informazioni una maggiore e migliore informazione eviterebbe i conflitti
A queste 2 cause bisogna aggiungerne una terza, sostenuta solo da alcuni autori:
3. esistono dei sottogruppi negli stati che hanno interessi personali a fare la guerra, anche se questo va contro gli interessi dello stato
L’ampiezza e il grado dell’ottimismo liberale in merito al progresso hanno subito negli anni forti oscillazioni:
molti dei primi liberali propendevano per un ottimismo assoluto = liberalismo utopico dopo la Prima Guerra Mondiale
a smorzare l’ottimismo liberale provvide la Seconda Guerra Mondiale
una nuova ondata di ottimismo liberale si manifestò alla fine della Guerra Fredda, alimentata dall’idea della “fine della storia” basata sulla sconfitta del comunismo e sulla prevista vittoria universale della democrazia liberale
ad assestare un nuovo, duro colpo all’ottimismo liberale sopraggiunse poi l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001
AUTORelazioni Internazionali LIBERALI CLASSICI
John Locke: è un liberale di 1° immagine. Ha una visione ottimista della natura umana: gli uomini sono tendenzialmente cooperativi. Nello stato di natura ci sono degli inconvenienti, risolvibili con un patto sociale, meno stringente di quello realista di Hobbes: i cittadini, infatti, hanno diritto a ribellarsi qualora lo stato non rispetti i loro bisogni e, soprattutto, i loro diritti naturali (vita e proprietà).
Adam Smith: si occupa soprattutto del rapporto degli individui con la guerra. Secondo Smith, lo stato è un insieme di individui razionali che fanno calcoli di costi-benefici → l’economia moderna (commerciale e industriale) sposta l’analisi costi-benefici a sfavore della guerra e dell’imperialismo, perché l’uomo tende ad interessarsi maggiormente allo sviluppo economico
La pace verrà raggiunta quando tutti gli stati avranno sviluppato un’economia avanzata Smith è un liberale di 2° immagine, perché definisce come “stati buoni” quelli che hanno un’economia ricca e capitalistica
Immanuel Kant: è un liberale di 3° immagine. Si occupa, infatti, delle interazioni tra stati. Kant propone agli stati 3 regole:
1. costituzioni repubblicane = democrazia
2. rispetto del diritto internazionale = Confederazione pacifica (Foedus democraticus: è una Confederazione, non una Federazione, perché sarebbe troppo tirannico. Solo con una certa omogeneità, infatti, può esserci democrazia)
3. diritto cosmopolita (riguarda tutti gli individui) = diritto all’ospitalità
Gli stati che rispettano queste 3 regole possono giungere ad una pace separata. La pace perpetua si avrà quando tutti gli stati saranno delle democrazie.
Il liberalismo postbellico può essere suddiviso in 4 principali filoni:
1. liberalismo sociologico: respinge la tesi realista, giudicata troppo ristretta e unilaterale, secondo la quale le Relazioni Internazionali consistono nello studio delle relazioni tra i governi di stati sovrani. Secondo i liberali, le Relazioni Internazionali riguardano non solo le relazioni stato-stato, ma anche quelle transnazionali, ossia tra persone, gruppi e organizzazioni appartenenti a paesi diversi.
Concentrando l’attenzione sulle relazioni transnazionali, i liberali sociologici ritornano all’idea liberale classica che le relazioni tra le persone siano più cooperative e intrinsecamente pacifiche di quelle tra governi nazionali.
AUTORelazioni Internazionali LIBERALI SOCIOLOGICI
Karl Deutsch: cercò di misurare l’entità delle comunicazioni e delle transazioni tra società: un alto livello di legami transnazionali tra società determina un consolidamento di relazioni pacifiche fa nascere una comunità di sicurezza. Tra le condizioni che promuovono l’emergere di comunità di sicurezza, Deutsch indica: accresciute comunicazioni sociali, maggiore mobilità degli individui, legami economici più forti e una più ampia gamma di reciproche transazioni umane.
John Burton: in World Society propone un modello a ragnatela di relazioni transnazionali, con l’intento di dimostrare che ogni stato-nazione consiste di molti gruppi differenti di individui con differenti tipi di legami esterni e di interessi → una visione ben diversa da quella dei realisti, che tendono a descrivere il mondo come un sistema di stati non dissimile da un set di bilie da biliardo, e cioè di unità del tutto autonome e autosufficienti
Modello bilia di biliardo
Modello a ragnatela
Poiché ogni individuo fa parte di molti gruppi differenti, il conflitto finirà per essere smorzato, se non del tutto eliminato: la sovrapposizione delle apparenze di gruppo minimizza il rischio di conflitto grave tra 2 gruppi qualsiasi.
James Rosenau: a suo giudizio, le transazioni individuali esercitano ripercussioni importanti sulle questioni globali: gli individui hanno enormemente ampliato le loro attività grazie ai più elevati livelli di istruzione, all’accesso ai mezzi di comunicazione elettronici e ai viaggi all’estero. Inoltre, la capacità degli stati di esercitare un’efficace attività di controllo e regolamentazione sta diminuendo
Il sistema anarchico basato sulla centralità dello stato non è certo scomparso, ma al suo interno sta emergendo un nuovo mondo multicentrico composto di collettività libere dalla sovranità, che esiste autonomamente e in competizione con il mondo statocentrico di attori vincolati dalla sovranità.
Sotto alcuni aspetti, sarà un mondo più instabile, poiché il vecchio ordine imperniato sul potere dello stato è in disfacimento, ma solo in rare circostanze i conflitti sfoceranno nell’uso della forza, grazie alla crescita numerica dei nuovi individui cosmopoliti che fanno parte di molti gruppi parzialmente sovrapposti e che difficilmente saranno disposti a lasciarsi irreggimentare in schieramenti contrapposti.
2. liberalismo dell’interdipendenza: interdipendenza = mutua dipendenza = popoli e governi risentono di ciò che accade altrove, per opera, delle loro controparti di altri paesi un più alto livello di relazioni transnazionali tra paesi comporta un più alto livello di interdipendenza.
Dagli inizi della storia, gli stati hanno sempre cercato di accrescere la propria potenza mediante la forza militare e l’espansione territoriale. Ma per i paesi altamente industrializzati gli strumenti più adeguati e meno costosi per acquisire peso politico e prosperità sono lo sviluppo economico e il commercio estero. I costi connessi all’uso della forza sono infatti aumentati, mentre sono diminuiti i vantaggi con essa conseguibili.
In passato, il possesso di territorio e di ingenti risorse naturali era il presupposto chiave della potenza; oggi le chiavi del successo sono rappresentate da forza lavoro qualificata, accesso all’informazione e capitale finanziario.
Permane, certo, il rischio che gli stati moderni ripieghino sull’opzione militare e ritornino a una politica di riarmo e di contrapposizione violente, ma uno scenario del genere non appare affatto probabile.
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