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Analisi della politica estera

Analisi della politica estera

Teorie realiste

1. TEORIA DELL’EQUILIBRIO DI POTENZA: esiste una certa parità, non necessariamente assoluta, tale che nessuno stato è preponderante in questo modo viene garantita la stabilità del sistema internazionale.
Esistono 3 metodi per ottenere l’equilibrio:
volontario = gli stati consciamente vogliono raggiungere e mantenere l’equilibrio
semi-automatico = solo un gruppo di stati è sufficiente per mantenere l’equilibrio → politica estera “isolazionista” della Gran Bretagna dalla fine del ‘600 agli inizi del ‘900
automatico = il sistema internazionale tende a produrre equilibri a prescindere dalla volontà dei singoli stati
Si ha l’equilibrio quando gli stati fanno balancing = allearsi col più debole contro il più forte.
NB: il concetto opposto è quello di band-wagoning = allearsi col più forte contro il più debole.
La scelta di fare balancing è stata vista secondo 2 punti di vista:
Kaplan: per ragioni volontarie → gli stati seguono alcune regole per creare l’equilibrio e realizzare così 3 obiettivi:
1. aumentare il proprio potere, pacificamente o con la guerra
2. allearsi contro gli stati predominanti o fortemente ideologici
3. non eliminare attori essenziali nel sistema
Waltz: in modo automatico → attori in anarchia vedono svilupparsi spontaneamente regole di balancing, basta che tutti tengano alla propria sopravvivenza e questo per 3 ragioni essenziali:
1. gli stati devono proteggersi da soli contro quelli più forti, che rappresentano il pericolo più imminente
2. fare il contrario significherebbe perdere alleati preziosi
3. ci si allea col più debole perché ciò massimizza il proprio potere → il potere, infatti, nasce dalla dipendenza della controparte.
Waltz, però, identifica anche un’eccezione = conviene allearsi col più forte quando non si sarebbe comunque in grado di fare la differenza.
In termini di omeostasi = stabilità, il balancing favorisce l’esistenza di un sistema omeostatico = sottoposto ad uno shock, esso tende a ritornare come era all’inizio. Il band-wagoning, invece, darebbe vita ad un sistema non-omeostatico, perché trasformerebbe il sistema stesso da anarchico a gerarchico.
ESEMPI STORICI: Guerra dei 30 anni (balancing contro gli Asburgo) – Guerra di Secessione spagnola (balancing contro i Borbone) – Guerre Napoleoniche (balancing della Quadruplice Alleanza) – balancing contro gli Imperi tedeschi – crescita dell’URSS (balancing del blocco occidentale). In tutti questi casi si può notare una certa regolarità: ogni tanto uno stato diventa più potente, ciò porta alla creazione di coalizioni anti-egemoniche che ripristinano l’equilibrio. ECCEZIONE: l’Italia nella Prima Guerra Mondiale fece band-wagoning.
Esiste un particolare requisito, necessario per il balancing, ossia la flessibilità delle alleanze, che devono rispondere solo alle necessità di potere. È sempre un terzo attore che determina il rapporto di alleanza tra 2 stati  un’alleanza non può essere valutata su una base bilaterale, ma è necessario considerare tutto il sistema. In base a questa teoria, dunque, non ci sono basi ideologiche nelle alleanze, ma solo le variabili del potere.
ESEMPIO STORICO: nei primi anni della Guerra Fredda, la Cina si schierò contro gli USA, perché si sentiva minacciata dalla loro presenza in Corea e nel Vietnam. Con il ritiro degli USA, però, negli anni ’70, l’URSS diventa la minaccia più vicina → riallineamento cinese.

È in corso un dibattito, nel quale si sostiene che potenza e minaccia non sono sinonimi  non sono gli stati più potenti a generare balancing, ma quelli più minacciosi.
Si identifica una minaccia = è dovuta a elementi oggettivi (potenza, prossimità geografica, tecnologia) e ad un elemento soggettivo (intenzioni degli stati).
Teoria dell’equilibrio di minaccia (Walt)
Spiegherebbe perché l’Europa si schierò con gli USA durante la Guerra Fredda: essi, infatti, erano geograficamente più distanti rispetto dell’URSS e non avevano mire espansionistiche.
Il punto debole di questa teoria è il fatto di essere molto descrittiva; rischia quindi di non essere falsificabile, ma circolare, a causa dell’elemento soggettivo delle intenzioni degli stati.

La prossimità geografica può dunque influenzare la minaccia, in un rapporto definito gradiente di perdita della forza, così rappresentabile:

Questo fattore si collega ad alcune teorie geopolitiche:
se la distanza influenza il livello di minaccia, le alleanze saranno visibili direttamente sulla carta:
1. Cautilia: teoria dei centri concentrici = le alleanze avvengono per centri alternati, dal momento che i vicini sono pericolosi

2. Forma europea: la stessa teoria di Cautilia viene rappresentata, in forma, europea, attraverso una scacchiera, nella quale gli allineamenti avvengono su base alternata

Questi modelli, però, presuppongono che gli stati abbiano tutti uguali potenza. In caso contrario si avranno delle distorsioni da essi.
ci sono alcune zone del mondo che valgono più di altre, perché esse hanno il controllo delle maggiori risorse. Queste zone sono chiamate zone pivotali e sono identificate diversamente da 3 teorie:
1. Mackinder: i continenti non sono tutti uguali, dal momento che la massa eurasiatica è la zona più grande e può essere rappresentata da un semicerchio. Chi ne controlla il centro (heartland) controlla l’intera massa continentale, dunque il mondo

2. Mahan: cruciale è il controllo dei mari (seapower), perché così è possibile sia controllare i commerci sia attaccare il continente da tutte la parti

3. Spykeman: le zone cruciali sono le zone d’orlo (rim-lands), che confinano col mare e dunque sono quelle dove è concentrato il massimo sviluppo mondiale

Tutte e 3 queste teorie distinguono, dunque, tra potenze navali e potenze terrestri → sono queste ultime le più minacciose, dal momento che il controllo marittimo non attacca mai la sovranità di uno stato. In effetti, nella storia, le potenze navali non hanno mai innescato coalizioni anti-egemoniche contro di loro.

Esistono 2 forme di balancing possibili:
1. balancing esterno = alleanze → costa di meno, ma dipende molto anche dalla volontà degli alleati. In base al dilemma delle alleanze, si corrono 2 rischi: da un lato, l’abbandono da parte dell’alleato, dall’altro, l’intrappolamento = l’alleato costringe a fare quel che vuole lui
2. balancing interno = riarmo personale → ha costi più elevati, ma è più “sicuro” dal momento che dipende solo da se stessi.
Secondo Schroeder, il balancing non è in realtà cos’ diffuso, dal momento che gli stati possono:
fare bandwagoning
nascondersi = fare buckpassing
trascendere = cercare di trovare un accordo con la minaccia, senza però schierarsi.
Nella storia, il balancing ha funzionato finché non sono cambiati 2 elementi:
uno sociale: le masse e le ideologie sono entrate in politica
uno tecnologico: la tecnologia militare è diventata troppo distruttiva, tanto da rendere obsoleta l’idea stessa di balancing

Dal XX secolo in poi è difficile poter parlare di balancing.

2. TEORIA DELL’EGEMONIA: è proprio nei momenti di uguaglianza tra potenze che è più probabile una guerra; al contrario, più sono le disuguaglianze di potenza, minori sono le probabilità di guerra.
La teoria dell’egemonia contiene 3 gruppi teorici:
1. teoria della transizione di potenza: la tecnologia è causa di effetti politici. Kondratief parla di cicli economici = momenti storici, ogni 40-60 anni, nei quali si verifica una rivoluzione tecnologica
Teoria dei lunghi cicli: nella storia si è verificato che una potenza ha dominato la storia per 2 cicli consecutivi: Portogallo, Olanda, Gran Bretagna, USA. Ogni qualvolta che si è verificato il declino di uno stato, è avvenuta una transizione di potenza. Finché questo fenomeno continuerà a ripetersi, non ci saranno grandi guerre sistemiche.
2. teoria della stabilità egemonica: quando c’è uno stato egemone, si producono determinati effetti economici. La storia è suddivisa in cicli egemonici e ogni ciclo egemonico è composto di 4 fasi:
ascesa egemonica: alla fine di una grande guerra, il vincitore è il più forte
stabilità: si ha nel sistema perché il più forte si impone sugli altri  non ci sono grandi guerre
declino: l’egemone perde il suo potere relativo
crisi: viene contestata la leadership dell’egemone. La crisi, tendenzialmente, corrisponde ad una grande guerra, che fa regolarmente partire un nuovo ciclo. Può, altrimenti capitare che l’egemone: faccia delle convenzioni, delimiti i propri confini, cerchi degli alleati per dividere i costi dell’egemonia. Una guerra egemonica = guerra a cui partecipano tutte le grandi potenze e nella quale il livello di violenza è massimo. Nella storia si sono verificate 5 guerre egemoniche:
- Portogallo vs. Spagna
- Olanda vs. Francia (1600)
- Gran Bretagna vs. Francia (guerre napoleoniche)
- Gran Bretagna vs. Germania (Prima Guerra Mondiale, vinta però dagli USA)
- USA vs. URSS (Guerra Fredda)

I cicli egemonici possono essere graficamente rappresentati attraverso delle curve logistiche:

In genere gli stati declinano per 2 classi di ragioni:
sistema internazionale: quando l’egemone comanda, svolge delle funzioni che comportano costi che gli altri stati non devono pagare (spesso sono spese militari)  queste spese rallentano lo sviluppo economico dell’egemone. Inoltre, Gerschenkron parla di una legge che tende a favorire chi arriva dopo, perché può limitarsi a “copiare” le innovazioni  il vantaggio tecnologico non viene mantenuto nel lungo periodo
politiche interne: le regole dell’egemone sono più durature del potere, che invece è destinato a declinare lo squilibrio nasce dall’incapacità di mantenere i propri interessi al diminuire del potere.
Secondo la teoria della stabilità egemonica, la necessità che esista uno stato egemone ha a che fare con la natura dei beni che esso fornisce: un’economia liberale su scala mondiale appartiene alla categoria dei cosiddetti beni pubblici o collettivi = beni e servizi che, una volta forniti, creano vantaggi per tutti. Una caratteristica dei beni pubblici è la non-escludibilità = a nessuno può essere negato il diritto di accedervi.
I problemi dei beni pubblici sono, da un lato, la disponibilità insufficiente e, dall’altro, il free riding = la possibilità di usarli senza pagarli → è qui che entra in gioco il paese egemone: occorre una potenza dominante che garantisca la disponibilità di quei beni e che si occupi dei problemi creati dai free riders, per esempio penalizzandoli.
NB: più è alto il numero di attori, più è facile, dunque possibile, l’anonimato nel free-riding.
ESEMPI: la Gran Bretagna negli ultimi decenni del XIX secolo e agli inizi del XX e gli USA dopo la Seconda Guerra Mondiale.
L’egemonia spiegherebbe dunque perché l’economia mondiale è aperta: l’egemone, infatti, garantisce la pace, la stabilità del sistema monetario, il coordinamento delle politiche economiche e l’apertura del sistema commerciale.
Gli esempi storici in parte confermano questa teoria, in parte si allontanano. Vediamone alcuni:
Apogeo pax britannica (1850-80)
Apertura 
commerciale
CONFERMA
Belle epoque
La Gran Bretagna non è molto forte, ma la sua economia continua comunque a crescere
NON CONFERMA
Periodo tra le 2 guerre mondiali
Né Gran Bretagna né USA tendono ad emergere e c’è crisi economica
CONFERMA
Secondo dopoguerra
Emergono gli USA e si ha l’apertura dei mercati
CONFERMA
Anni ‘70
In seguito alle crisi petrolifere, la crisi degli USA porta alla fine della convertibilità del dollaro
CONFERMA
Dopo gli anni ‘70
L’economia mondiale si riprende, ma gli USA non sono più al top
NON CONFERMA
3. teoria della leadership (teoria liberale): politica ed economia sono sullo stesso piano; solo, la politica crea le occasioni favorevoli per l’economia. Le regole del sistema internazionale sono imparziali; lo stato egemone indica semplicemente la strada da seguire e gli altri stati lo seguono volontariamente. Secondo Ikenberry, l’egemone, nel breve periodo, usa tutte le sue forze per ingrandirsi, nel lungo periodo, crea delle regole multilaterali tali da mantenersi nel tempo.
La teoria della leadership interpreta diversamente la teoria dei beni pubblici, sostenendo che solo in presenza di un leader e di una cooperazione abbastanza spontanea vengono prodotti i beni pubblici  si presuppone un certo ottimismo circa la possibilità di cooperare.
Teoria della “cooperation after hegemy” (Teoria dei regimi): Robert Keohane sostiene che la presenza di una potenza egemone ha contribuito a far prevalere uno spirito di cooperazione internazionale in aree come la finanza, gli scambi commerciali e il petrolio, ma che, una volta create le necessarie istituzioni internazionali, esse sono in grado di reggersi e di operare da sole e di promuovere un ulteriore sviluppo della cooperazione anche in presenza di un declino del paese egemone.

Oggi viene spontaneo chiedersi perché non c’è una qualche forma di balancing contro l’egemonia statunitense. Le teoria realiste illustrate propongono ciascuna una possibile risposta:
SOLO POTENZA
ANCHE INTENZIONI
SIMMETA DI POTENZA
(1) BALANCE OF POWER
(2) EQUILIBO DELLA MINACCIA
ASIMMETA DI POTENZA
(3) EGEMONIA
(4) LEADERSHIP
(1) è solo una questione di tempo  prima o poi si ritornerà al multipolarismo
(2) gli USA sono molto potenti, ma non minacciosi  al massimo si può formare una sorta di “soft balancing” = allentamento dei legami
(3) si aprirà un nuovo ciclo egemonico  i prossimi 40-60 anni vedranno il predominio USA
(4) si svilupperà una sorta di “egemonia benigna” = cooperazione con le altre democrazie liberali con gli stessi interessi degli USA (UE e Giappone)

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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