Il sistema politico e la virtú

14.7 Altro discorso fondamentale è quello sulla virtù: se il principe dovesse scegliere fra gli estremi di essere amato o temuto, sarebbe preferibile essere temuto, poiché mentre l’amore può esaurirsi, la paura non abbandona mai l’uomo, e garantisce al sovrano l’obbedienza dei cittadini, anche se sarebbe ancora meglio non farsi odiare ma essere comunque rispettato. Il principe deve capire, quando agisce, che ogni azione produce conseguenze che devono essere previste; quando esse siano troppo gravose, può essere preferibile disattendere la parola data: l’arte del principe è soprattutto quella della simulazione e della dissimulazione, specie delle virtù, al fine di conquistare e mantenere il potere. Comandare è far credere.

14.8 La capacità del politico è relativa al suo modo di gestire il potere: se le cose vanno male, dovrà accusare solo la sua ignavia e la sua incapacità di prevedere gli eventi, non potrà prendersela neanche con la fortuna, che invece deve essere capita, prevenuta e utilizzata (la paragona a un fiume in piena e poi a una donna che va “battuta” e “urtata”).

14.9 Machiavelli è combattuto tra le sue preferenze repubblicane e il suo realismo che lo porta a elaborare una teoria dell’assolutismo. Da queste influenza deriva la sua idea della necessità del consenso da parte del popolo: anche se deve farsi temere, il sovrano deve cercare il più possibile il sostegno del suo popolo, perché senza di esso è impossibile governare, dunque sono fragili i poteri concessi dai grandi e solo da loro garantiti.

14.10 Il principe deve seguire una formazione (basata soprattutto sullo studio della storia e delle azioni degli uomini eccellenti del passato) che gli faccia evitare illusioni e utopismi nell’affrontare la vita reale. Deve cogliere dal passato gli insegnamenti necessari per affrontare al meglio le situazioni del presente (e saper affrontare anche la fortuna), cosicché l’improvvisazione si rivela il vizio peggiore in politica.