Olivetti: la Comunità e l’industria
Nel 1945 Olivetti pubblicò L'ordine politico delle Comunità che va considerato la base teorica per una idea federalista dello Stato che, nella sua visione, si fondava sulle comunità, vale a dire unità territoriali culturalmente omogenee e economicamente autonome.
È convinto che l’espansione economica si possa governare solo a condizione di pilotarla entro ambiti territoriali circoscritti, le comunità appunto. L’ambito territoriale può così contenere l’urto della trasformazione di fabbrica neutralizzandone le tensioni più acute.Questo ordine economico e sociale dell’industrialismo che Olivetti vorrebbe realizzare può prendere forma solo nel disegno di un piano territoriale. Nel 1948 fondò a Torino il "Movimento Comunità" e si impegnò affinché si realizzasse il suo ideale di comunità in terra del Canavese. Il movimento, che tentava di unire sotto un'unica bandiera l'ala socialista con quella liberale, assunse nell'Italia degli anni Cinquanta una notevole importanza nel campo della cultura economica, sociale e politica.
Olivetti fonda e inaugura i centri comunitari, luoghi di incontri dove gli studenti consultano libri e riviste di architettura e di scienze sociali.Sotto l'impulso delle fortune aziendali e dei suoi ideali comunitari, Ivrea negli anni cinquanta raggruppò una quantità straordinaria di intellettuali (Ferrarotti, Pampaloni) che operavano (chi in azienda chi all'interno del Movimento Comunità) in differenti campi disciplinari, inseguendo il progetto di una sintesi creativa tra cultura tecnico-scientifica e cultura umanistica.L’espressione in campo sindacale del movimento fu la Commissione interna Comunità di fabbrica, che successivamente si chiamerà Autonomia aziendale.
Il Mezzogiorno appare a Olivetti come il vero banco di prova di una politica di piano. Nel 1955 a Pozzuoli inaugura il primo stabilimento che la Olivetti ha deciso di realizzare nel Mezzogiorno.
Quella di Olivetti è una fabbrica concepita a misura dell’uomo, è un industrialismo che è uno strumento di riscatto del lavoro e non un congegno dio sofferenza. In lui si mescolano idee roosveltiane e fordismo radicale, Saint-Simon (cioè il filone produttivistico dell’utopia socialista) e Keynes.
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