Le relazioni internazionali all’epoca della televisione
Le relazioni internazionali all’epoca della televisione
La quarta dimensione delle relazioni internazionali
Alvin Toffler ha proposto in 2 saggi (The third wave, del 1983, e War and Anti-War, del 1993) un’analisi del ruolo che l’informazione ha all’interno delle società, sia da un punto di vista produttivo sia da un punto di vista distruttivo. Toffler fa un’analisi dell’evoluzione dei sistemi sociali, sia a livello micro sia a livello macro, a partire dalle economie che li hanno caratterizzati: non si tratta di un’evoluzione esclusiva, in cui un livello elimina necessariamente il precedente, ma si tratta di sistemi che continuano a convivere all’interno di una stessa società:
1 − società agricole, della prima onda
2 − società industrializzate, della seconda onda
3 − società post-industrializzate, della terza onda, nelle quali le industrie basate sulla conoscenza surclassano “la fattoria” e “la fabbrica” nell’incidenza esercitata a livello sia economico sia sociale.
L’espandersi della terza onda sta imprimendo una forte accelerazione alle catene di decision making che caratterizzano i sistemi sociali, sistemi che presentano dei limiti nella velocità cui possono lavorare per prendere decisioni complesse.
Nel momento in cui la nuova onda si incontra e collide con le altre 2, emergono nuove strutture di potere, nuovi metodi di condurre le relazioni internazionali e nuovi modi di preparare la guerra e la pace. Queste onde attraversano gli stati nazione nel loro interno e allo stesso tempo caratterizzano il loro relazionarsi reciproco.
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Il sistema mondiale si sta dividendo in 3 parti: società agricole della prima onda continueranno ad esistere al fianco di società dell’industrializzazione di massa.
Allo stesso tempo, emergono potenze che possiamo definire dell’informazione intensiva, il cui potere è un brainpower.
Toffler introduce anche il concetto che tra i fattori di produzione e i fattori di distruzione (= modalità con cui si combattono le guerra) esiste una relazione molto stretta = il modo in cui gli stati fanno la guerra è simile al modo in cui producono ricchezza.
Nella società industrializzata, sta mutando il processo attraverso cui produciamo ricchezza, da un processo industriale ad un processo informazionale ⇒ si assiste ad un parallelo cambiamento nel warfare, che diventa information warfare = anche le guerre si basano sulla conoscenza e sulla gestione delle informazioni.
La guerra del Golfo del 1991 fu la prima guerra televisiva, nonché una guerra di informazione ⇒ la gestione delle knowledge weapons e delle informazioni di guerra assumono una posizione di centralità nel warfare della terza onda.
Secondo Taylor, gli stati si relazionano tra loro sostanzialmente in 4 modi per ottenere i propri obiettivi nazionali e internazionali, definendo l’informazione come la quarta dimensione delle relazioni internazionali:
1 1. diplomazia = la negoziazione di contratti interessanti per entrambe le parti
2 2. economia = lo scambio di risorse, servizi e beni materiali
3 3. guerra = l’uso di risorse militari per raggiungere obiettivi nazionali, oggi sempre più internazionali
1 4. gestione del flusso di informazioni = all’interno di questa dimensione ci starebbero l’attenzione all’opinione del pubblico a livello internazionale e all’opinione dei media, la censura e la manipolazione propagandistica per i propri scopi, la disseminazione di messaggi rivolti ad altri governi o gruppi di persone o singole persone, attraverso tutte le possibilità offerte dai media per proteggere, tutelare o promuovere gli interessi degli stati.
Queste 4 dimensioni sono tra loro intrecciate, non indipendenti; in particolare, la gestione mediatica trasforma le altre 3 dimensioni, l’informazione interagisce e trasforma la natura stessa del potere = l’abilità di esercitare controllo, di far sì che gli altri facciano ciò che non farebbero se non fossero costretti ⇒ nelle società della terza onda, il controllo dell’informazione diventa centrale nelle relazioni di potere.
Un simile sistema ha cominciato a svilupparsi durante la Guerra Fredda, definita da Taylor come “un equilibrio di potenza che è stato caratterizzato da una situazione in cui una sostanziale parità bellica ha dato il via ad una bellicosità culturale, di ideologie, e dunque di informazioni, incredibile. Nuove regole per le relazioni internazionali, all’interno delle quali il controllo, la manipolazione e la disseminazione di informazioni riguardo se stessi e gli avversari ha costituito un’attività permanente, una “quarta dimensione” appunto” ⇒ è una situazione in cui:
1 − gli aspetti bellici sono bloccati da un sostanziale equilibrio di potere
2 − i canali diplomatici sono ufficialmente chiusi
⇒ è stato centrale combattere una guerra sulla rappresentazione del nemico, dei suoi valori e delle sue ideologie.
La stessa ONU fa riferimento, nelle sue risoluzioni, all’importanza dell’informazione.
ESEMPI
1 − Risoluzione 59 I, 1946: “la libertà di informazione è un diritto fondamentale dell’umanità ed è il caposaldo di tutte le libertà a cui le Nazioni Unite sono consacrate; la libertà di informazione richiede come indispensabile elemento la volontà e la capacità di applicare i suoi privilegi senza abusi. Essa richiede come elemento basilare l’obbligo morale a cercare i fatti senza pregiudizio e a diffondere la conoscenza senza intenti faziosi”.
2 − Risoluzione 110 II, 1947: “condanna tutte le forme di propaganda che sono atte a provocare o ad incoraggiare qualsiasi attentato alla pace”.
3 − Risoluzione 127 II, 1947: “combattere la diffusione di false o distorte notizie che possono danneggiare i rapporti amichevoli tra gli stati”.
4 − Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, art.90: “ognuno ha il diritto alla libertà d’opinione e d’espressione; questo diritto include la libertà di mantenere queste opinioni senza interferenza e di cercare, ricevere e dare informazioni e idee attraverso i media, senza nessuna limitazione di frontiera”.
Sul campo, però, si stava verificando una vera e propria guerra di informazioni:
1 − il Politburo sovietico aveva un’agenzia preposta per la censura, la GALVIT, e controllava l’agenzia di informazione TASS, la radio e i giornali. Inoltre, il controllo dell’informazione all’estero fu uno dei principali componenti della politica estera sovietica. Il KGB condusse diverse campagne di disinformatsia, attraverso quelle che in seguito furono definite active mesures, nel tentativo di gettare discredito sui governi occidentali (ad esempio, supportando i movimenti anti-nucleare in Occidente)
1 − nel 1950, Truman lancia la “campagna per la verità” in cui si vuole rendere manifesto al mondo che “l’URSS vuole dominare il mondo” ⇒ nel 1951 Truman crea lo Psycological Stategy Board con il ruolo di advisor per il National Security Council.
Più importante è sicuramente l’istituzione della US Information Agency da parte di Eisenhower, una struttura indipendente rispetto al Dipartimento di Stato, con lo scopo di coordinare tutte le attività dell’amministrazione nella gestione delle informazioni internazionali, compreso il controllo dei “broadcast della libertà”. Eisenhower infatti dichiarò: “stiamo affrontando una guerra fredda. La guerra fredda deve avere alcuni obiettivi, altrimenti è priva di senso. Questa guerra è condotta nella convinzione che se non c’è guerra, se i 2 sistemi di governo sono autorizzati a vivere fianco a fianco, il nostro sistema, per il fascino che esercita su qualsiasi uomo, alla fine vincerà. Sconfiggerà i governi dittatoriali in nome del suo grande appeal per l’anima, il cuore e la mente dell’uomo”.
Durante questi anni, alcuni paesi, almeno ufficialmente, non aderirono alle logiche della guerra fredda: i paesi del Movimento dei non allineati, per il quale il dibattito sul flusso di informazioni assunse un ruolo fondamentale. In quegli anni si diffuse il cosiddetto modello dello sviluppo, basato sul pensiero di Daniel Lerner: modernizzare una società = sviluppare la società. I media avrebbero avuto un ruolo fondamentale. Il concetto è quello che esiste un modello di sviluppo universale, che ha funzionato in occidente e che funzionerà nel resto del mondo e che i media e la tecnologia in generale agevolano questo processo, facendolo desiderare.
A questo, va legata anche la convinzione che le classi sociali più consone a promuovere uno sviluppo nel Terzo Mondo fossero i militari ⇒ vennero finanziati tantissimi progetti per sostenere operazioni di sviluppo politico ed economico da parte delle classi militari.
MA a partire dal 1976 questo modello entrò in crisi e venne messa in discussione la possibilità di misurare lo sviluppo quantitativamente. Soprattutto, viene messa in discussione l’idea di uno sviluppo che arrivi dall’esterno, e non come qualcosa che dipenda dal singolo contesto e che debba fare affidamento su “materiali” autoctoni, quindi di uno sviluppo decentralizzato.
Il dibattito sul flusso intercontinentale di informazioni risale alla fine della Seconda Guerra Mondiale, alla creazione dell’ONU e, in particolare, dell’UNESCO nel 1961, con sede a Parigi: gli alleati occidentali credevano in una politica di libero flusso di informazioni tra i paesi. In seno all’UNESCO e degli incontri dei non allineati, sull’onda delle stesse considerazioni si sviluppò il concetto di imperialismo culturale o neo-colonialismo.
In particolare, nel rapporto Many voices, One world del 1980, la Conferenza Generale dell’UNESCO ha fatto appello alla necessità di costruire “a new world information and communication order” (NWICO). Quando però i paesi del Secondo e Terzo Mondo chiesero proposte più concrete alla Conferenza di Nairobi del 1976, i paesi del Primo Mondo si opposero, temendo limitazioni all’international news-gathering e la soppressione della libertà di stampa. Questa “controffensiva” era guidata principalmente dal Primo Ministro Conservatore Margaret Thatcher e dal Presidente Repubblicano Ronald Reagan, supportati dai principali media anglo-americani ⇒ l’offensiva sfociò nel temporaneo ritiro di USA e UK dall’UNESCO, rispettivamente nel 1985 e nel 1986.
Oggi, solo un limitato programma di sostegno e assistenza tecnica ai media del Terzo Mondo è stato preso in considerazione.
Nel frattempo, la Conferenza Generale dell’UNESCO chiese al Direttore Generale di fare uno studio su come paesi con diversi sistemi sociali e a diversi livelli di sviluppo sono ritratti dai mass media globali. Il rapporto finale del 1984 delineava 6 principali conclusioni:
1 1. i criteri di selezione dell’international news reporting sono ormai quasi universali
2 2. ogni medium nazionale enfatizza eventi ed attori regionali
3 3. gli USA e l’Europa occidentale sono news-makers praticamente in ogni regione
4 4. dopo gli USA e l’Europa occidentale vengono le cosiddette storie hot-spot
5 5. i paesi del Terzo Mondo, non interessati dalle storie hot-spot, restano le aree meno mediaticamente coperte
6 6. la news agency nazionale resta la principale fonte per le notizie internazionali, seguita dalle maggiori news agency internazionali.
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