Sviluppo del corporate liberalism
Si era sviluppato nel frattempo un nuovo orientamento economico, detto corporate liberalism, nato con il diffondersi delle giant corporations in America. I valori centrali di questa teoria sono il volontarismo, la cooperazione costruttiva e la competenza manageriale. Si limita il ruolo dello Stato con cui c'è comunque collaborazione. Il corporate liberalism , per Hawley, alternativo sia all'assistenzialismo statalista sia al laissez faire: ' un pluralismo corporato basato su istituzioni sociali private come comitati economici e istituti di ricerca per trovare alternative liberali ma non stataliste alle prescrizioni liberiste.
Gli americani hanno sempre cercato di dare al mondo un ordine analogo a quello che prendeva piede negli Stati Uniti: il controllo governativo sull'economia, l'autarchia e la rivalità internazionale erano minacce alla pace globali simili alle lotte di classe, lo stato paternalistico e il perseguimento degli interessi particolari all'interno. La soluzione era un'economia basata sull'iniziativa privata e le forze di mercato ma gestita attraverso clausole promosse dai Governi. Il corporate liberalism arrivò al suo apice in America con il New Deal di Roosevelt. Tuttavia, dopo la ripresa economica sorsero dubbi circa la capacità degli Stati Uniti di riconvertire l'economia (da produzione bellica a civile) e divenne prioritaria la costruzione di un sistema internazionale postbellico favorevole agli interessi americani. Le negoziazioni sul nuovo ordine mondiale furono affidate a esperti tra cui molti new dealers. Portavoce degli interessi americani divenne l'economista White, che trattò con Keynes, rappresentante della controparte britannica. I punti di vista di White e Keynes differivano su alcuni principi, quali il ruolo del Fondo Monetario Internazionale (FMI). La proposta di Keynes si articolava su tre punti: multilateralismo dei pagamenti, simmetria nell'aggiustamento tra paesi deficitari e eccedentari e logica della moneta bancaria (creazione del bancor). Per White invece si dovevano correggere i disequilibri del periodo tra le due guerre e trarre partito dalla posizione d assoluta preponderanza del dollaro (gli Stati Uniti detenevano i tre quarti delle riserve auree mondiali). Erano d'accordo però che il regime dei tassi di cambio dovesse essere caratterizzato da tassi fissi ma aggiustabili. Fu deciso di attribuire il diritto di voto in base alle quote, così gli Stati Uniti si aggiudicarono di fatto un forte potere di veto nel FMI. Alla fine vinse la posizione di White.
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Autore:
Giulia Dakli
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- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Scienze Politiche
- Corso: Scienze Politiche
- Titolo del libro: Globalizzazione: breve storia di un’ideologia
- Autore del libro: Oreste Ventrone
- Editore: Franco Angeli
- Anno pubblicazione: 2004
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