La seconda decolonizzazione africana (1970 - 1990)
È così chiamato il processo di affrancamento dei possedimenti portoghesi (Guinea-Bissau, Mozambico, Angola e isole di Capo Verde) e la fine del regime dell’apartheid in Sudafrica. Si trattò di una lotta per l’autodeterminazione molto diversa da quella della prima decolonizzazione, condotta sopratutto attraverso lo strumento del negoziato con la madrepatria e mirante quasi esclusivamente all’indipendenza politica; la seconda decolonizzazione era guerriglia armata, e mirava sì all’indipendenza politica, ma ancor più alla creazione di un ordine sociale nuovo, più giusto, e soprattutto non razzista. Poiché i bianchi residenti nelle colonie portoghesi, assieme a quelli di Sudafrica e Rhodesia del Sud, avevano stretto una tacita alleanza, una sorta di “vallo bianco” in Africa australe, attraverso il quale imponevano alla maggioranza nera una sottomissione ai loro interessi.
Così la seconda decolonizzazione fu anche un fenomeno politico; se è vero che molti stati indipendenti della prima decolonizzazione scivolarono per convinzione o per convenienza, verso posizioni filosocialiste, è pur vero che tale obiettivo era del tutto subordinato rispetto a quello dell’indipendenza. La seconda colonizzazione invece, vuoi per via del razzismo bianco, vuoi in “ringraziamento” agli aiuti militari sovietici, vuoi per comunanza di scopi fra guerriglieri anticoloniali e opposizione al regime fascista di Salazar in Portogallo, fu un fenomeno se non socialista pur inserito in quella sfera. Lo conferma anche il fatto che, mentre la prima decolonizzazione fu dialettica fra governi dei paesi europei ed elite coloniali, la seconda fu il risultato di una lotta in cui i guerriglieri godevano dell’appoggio delle masse rurali.
Dopo circa dieci anni di acerrima guerriglia, l’indipendenza dei domini portoghesi fu favorita dalla morte di Salazar nel 1970 che rese possibile il colpo di stato del 1974 con il quale il Portogallo ritornò alla democrazia. Salazar era solito dire che il Portogallo era in Africa da cinque secoli e che non avrebbe caduto alla moda di abbandonarla a cui si erano date le altre potenze occidentali; la fine del suo regime segnò la fine di questa posizione anacronistica ormai invisa agli stessi portoghesi, stanchi degli sforzi che il mantenimento dell’impero comportava, oltre che per la questione di principio. Il nuovo governo si affrettò a concedere l’indipendenza alle colonie, abbandonando il sogno dell’assimilazione delle “province d’oltremare” a cui per lungo tempo (e anche con qualche risultato..) il Portogallo aveva creduto.
L’altra frontiera della seconda decolonizzazione fu come detto la lotta dei neri contro il razzismo. Il vallo bianco costruito dal Sudafrica con l’appoggio della Rhodesia del sud ed esteso anche all’ex colonia tedesca della Namibia (mandato sudafricano dalla prima guerra mondiale), cominciò a disgregarsi nel 1975 con l’indipendenza di Angola e Mozambico. Un altro duro colpo fu la revoca inglese dell’indipendenza di fatto di cui godeva la Rhodesia del sud: la colonie era stata dichiarata indipendente dalla minoranza bianca che la controllava (non più di 200 mila bianchi su circa 5 milioni di abitanti) attraverso un atto del tutto unilaterale rispetto a Londra. Dopo il crollo dell’Impero portoghese (dal quale la Rhodesia riceveva aiuti), il paese si trovò sempre più isolato sul piano internazionale e la guerriglia nera diventava sempre più forte. Prevedendo una sconfitta militare il governo bianco accettò di concedere il suffragio ai neri, ma il tempo ormai era maturo per ben altro. Nel ’79 la Gran Bretagna riprese temporaneamente il controllo della ex colonia per garantire la fine definitiva di ogni egemonia bianca. Nel 1980 si svolsero quindi nuove elezioni sotto controllo britannico che portarono al potere i leader neri del Fronte patriottico. Il 17 aprile del 1980 il paese divenne indipendente con il nome di Zimbabwe.
Nel 1990 infine divenne indipendente dal dominio sudafricano anche la Namibia, che nonostante i divieti dell’Onu il Sudafrica aveva continuato ad amministrare come parte del suo territorio. Il Sudafrica si trovo quindi isolato essendo l’ultimo stato razzista dell’Africa. Decolonizzazione in Sudafrica è sinonimo di smantellamento dell’apartheid e nel 1990 questo è avvenuta in maniera silenziosa ed indolore. Sotto la pressione del movimento antirazzista capeggiato dall’African National Congress e dalla comunità internazionale, la minoranza bianca comprese che la fine dell’apartheid non era più una scelta. I prigionieri politici vennero rilasciati e i partiti antirazzisti resi legali. Nel 1994 le prime elezioni a suffragio universale portarono al trionfo l’African National Congress e Nelson Mandela divenne il primo presidente nero dell’antica colonia boera. Con questo si conclude l’ultimo capitolo del processo di decolonizzazione del continente africano.
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