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La fitogeografia - definizione

Il fondatore della fitogeografia è stato Humboldt all’inizio dell’800. E’ la scienza che studia la distribuzione delle piante sulla Terra in relazione ai fattori ambientali che lo determinano.
La copertura vegetale di un territorio si può analizzare da diversi punti di vista:
- Approccio floristico: analizza le specie singolarmente (corologia o autoecologia);
- Approccio vegetazionale: analizza insieme di specie.
La corologia studia la distribuzione delle specie in relazione ai fattori geografici (areale di distribuzione).
Autoecologia: distribuzione delle specie in relazione ai fattori ambientali.
L’approccio vegetazionele, invece, non si limita ad elencare la flora (elenco di specie in un ambiente) di un territorio, ma ha come oggetto di studio la comunità vegetale (insieme di specie che interagiscono fra loro).
Comunità: andiamo ad individuare diverse comunità vegetali (bosco, prato, arbusteto, ecc...).
Ogniqualvolta si riscontrino le stesse caratteristiche ambientali, si dovrebbe trovare una stessa comunità vegetale. La comunità vegetale ci dà molte più informazioni, in quanto descrive con più precisione le caratteristiche dell’ambiente. Avendo quindi informazioni sulla comunità vegetale, riesco a ricavare indirettamente informazioni ecologiche e viceversa.
Sinecologia: studia le comunità.
Sindinamica: studia le successioni di comunità vegetali.

Successioni secondarie

Si verificano quando la colonizzazione avviene in un habitat che era già provvisto della copertura vegetale (in circa 10 anni si ricostituisce la boscaglia di quercia).
Successioni primarie: non c’è eredità biologica precedente (dune di sabbia, colate laviche, morene);
intervengono prima gli organismi pionieri (muschi e licheni) che iniziano a disgregare la roccia preparando il substrato per la successione seguente (si parla di secoli per arrivare al climax).
La parte est dell’areale del Faggio è limitata dall’isoterma -2 di gennaio.
La piante sempreverdi resistono fino a -15 °C (temperatura minima assoluta); tra -15 e -30 °C resistono le latifoglie caduche; a -40 °C resistono solo le conifere sempreverdi aghiformi e sotto i -50 °C non c’è più vegetazione arborea, non tanto a causa delle basse temperature, ma per l’eccessiva riduzione del periodo vegetativo.
Le temperature minime devono essere incrociate con le precipitazioni medie annue: se le precipitazioni sono maggiori o uguali a 600 mm abbiamo vegetazione arborea, se invece sonoi minori di 600 mm siamo in condizioni di vegetazione erbacea o deserto. Eupatorium cannabinum: limite altitudinale fisiologico a 600 m; a quote più basse non c’è nessun limite, però se la densità di semina è molto elevata si riscontra un’elevata mortalità invernale, data dalla competizione intraspecifica che impedisce alla pianta di crescere quel tanto che basta per resistere alla stagione invernale (a 360 m).
Quindi non sono solo i fattori climatici a determinare la distribuzione di una specie, ma anche fattori biotici. Gli ioni Ca2+ danno reazioni neutre o alcaline perché il carbonato di Ca neutralizza gli acidi (Calcifile). I fattori topografici sono la quota, l’esposizione e l’inclinazione.
Salendo in quota diminuisce il periodo vegetativo e si abbassa la temperatura di circa 0,5 °C ogni 100 m.

Tratto da ECOLOGIA VEGETALE – FITOGEOGRAFIA di Marco Cavagnero
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