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Neocentromeri

Un'altra e importante indicazione sul ruolo e sul funzionamento dei centromeri viene data da quelli che si chiamano neocentromeri, tipi cromosomici che non contengono il DNA canonico ripetitivo che si trova, invece, nei cromosomi normali al centromero, ma acquisiscono tuttavia le caratteristiche della cromatina centromerica. Questi possono assemblare un cinetocore funzionale, possono reclutare le altre cromatine centromeriche e soprattutto essere trasmessi stabilmente sia in mitosi che in meiosi, quindi risultano dei centromeri totalmente funzionali. I neocentromeri sono la causa, in effetti, di mutazioni che avvengono senza cause mutagene apparenti (spontanee) e sono stati scoperti grazie all'osservazione di pazienti che portavano particolari riarrangiamenti cromosomici e avevano o figli che nascevano malformati o poco fertili e quindi dal cariotipo di queste persone sono stati identificati dei cromosomi aberranti e in alcuni casi rari dei cromosomi che possedevano un neocentromero, al posto del centromero classico. In questo modo sono stati identificati, fino ad oggi, più di 70 diversi neocentromeri umani presenti su 19 cromosomi autosomici (compreso X e Y) dei 22 presenti nel cariotipo umano. Però circa la metà di questi 70 diversi neocentromeri si trovano sui bracci lunghi (q) dei cromosomi 3, 13 e 15, quindi questo sta ad indicare che ci sono alcune regioni genomiche che sono più suscettibili all'attivazione neocentromerica. Gli eventi che possono provocare la perdita del centromero normale e l'attivazione di un neocentromero sono molteplici: (1) nella delezione pericentrica si hanno due rotture una nel braccio corto e una in quello lungo ai lati del centromero, e quindi si forma un cromosoma ad “anello” contenente il centromero mentre le due parti all'estremità o vengono perse perché non hanno un centromero oppure fondersi in quanto presentano le estremità appiccicaticce, però non avendo un centromero si perdono comunque nella metafase successiva almeno che non si formi un neocentromero; (2) nella delezione paracentrica, invece, le due rotture avvengono nello stesso braccio cromosomico, quindi non coinvolgono il centromero, perciò si forma un cromosoma che possiede il centromero e segrega normalmente e un cromosoma ad “anello” che in alcuni casi può contenere un neocentromero; (3) nel caso di inversione/duplicazione avviene una sola rottura e la formazione di un cromosoma normale e uno con la presenza di neocentromero.
Comunque tutti questi casi hanno permesso di studiare la presenza dei neocentromeri e i meccanismi da cui derivano. Si è visto infatti, che anche loro utilizzano le stesse proteine e i meccanismi dei centromeri normali e che i diversi neocentromeri non mostrano un'omologia significativa tra loro quindi non c'è un motivo di sequenza caratteristica che caratterizza e porta alla formazione dei  neocentromeri. Però, tre neocentromeri studiati a livello molecolare hanno evidenziato alcune caratteristiche comuni quali l'alta percentuale di basi AT (più del 60%) e un elevato numero di elementi retrovirali, che possiedono delle ripetizioni terminali o long terminal repeats (LTR) o short teminal repeats (STR). Comunque, rimane difficile studiare la formazione dei neocentromeri nei primati e quindi anche nell'uomo perché sono eventi molto rari, in quanto se fosse un fenomeno ricorrente i cromosomi monocentrici diverrebbero o olocentrici o di- o multicentrici o andrebbero addirittura persi, e presumibilmente si verificano durante la meiosi in uno dei due genitori. Però in Drosophila è possibile studiarli, in quanto possono essere indotti sperimentalmente con mutagenesi mirata sul DNA non centromerico ed eucromatico dopo rotture indotte da irradiazione su microcromosomi, che si possono costruire. Da queste ricerche, sembra che questo sia un fenomeno che può verificarsi tramite la propagazione in cis (sullo stesso cromosoma) delle proteine centromeriche a patto che non sia presente eterocromatina interposta, in quanto la cromatina eterocromatica è molto più compatta di quella eucromatica (ingombro sterico).

Tratto da CITOGENETICA di Domenico Azarnia Tehran
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