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La Cartografia e la civiltà egizia

Ci rimane poco, anche se senza dubbio c’era una conoscenza migliore dei paesi vicini e lontani: i Faraoni, infatti, organizzavano spedizioni commerciali e viaggi di esplorazione verso terre diverse. Un’iscrizione del tempio di Der-el-Balwi ricorda una navigazione diretta verso la regione di Punt (la Somalia), intrapresa tra il 1493 e il 1492 a.C., con la raffigurazione della nave, ma non del percorso. Nel corso della spedizione del faraone Sesostris contro i popoli sciiti, vennero elaborate carte di tutti i territori conquistati, dove vennero segnate le strade e i confini della Colchide, ma non sono pervenute fino a noi.
Altre testimonianze riguardano mappe catastali, dove si può notare la conoscenza matematica e geometrica e la tassazione vigente basata sul censimento della proprietà fondiaria: ogni anno, quindi, si dovevano aggiornare le dimensioni delle proprietà per determinare con esattezza l’ammontare della tassazione.
Era ugualmente importante saper misurare e registrare il livello delle acque del fiume, come si nota nella Stele che riporta una registrazione di annali reali con l’indicazione dei diversi livelli raggiunti dalle acque del Nilo. Ci sono rimaste, però, solo piante di edifici, palazzi e templi, tranne una carta particolarissima, che si potrebbe definire geologica e topografica: rappresenta una ristretta porzione della Nubia, dove c’era un giacimento d’oro. Vi sono segnate schematicamente le strade che dalla miniera conducevano al Mar Rosso e anche un piccolo centro abitato, con via principale, case e un tempio dedicato ad Ammor, con l’uso di colori diversi per indicare dove l’oro era presente (rosa) e dove no (nero).

Tratto da CARTOGRAFIA E TERRITORIO NEI SECOLI di Elisabetta Pintus
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