L’esercizio corporeo come pratica filosofica

Blitz, monaco zen francese, fu il pioniere occidentale della disciplina orientale. Nella sua idea lo yoga era un mezzo, non un fine. Lavorare nella sala di yoga implicava confrontarsi costantemente con i propri limiti per accorgersi di quanto nel riconoscerli risieda molta della conoscenza della propria soggettività.
Le pratiche filosofiche erano un tempo accessibili a tutti ma oggi sono rilegate a discorsi teoretici. In una prospettiva aperta all’interdisciplinarità, invece, le pratiche filosofiche possono accompagnare anche oggi ogni persona in un cammino di cura di sé che ricerca continuamente la trasformazione della vita. Le pratiche filosofiche promuovono il benessere integrale di ognuno: possono quindi essere pratiche intellettuali, spirituali, corporee, psicologiche, politiche. Il corpo è per la filosofia la misura del limite, ovvero la propria consapevolezza delle proprie risorse. Nella filosofia delle origini la dimensione fisica aveva un ruolo cruciale: il ginnasio era il centro di formazione e di cultura dove i giovani seguivano lezioni di filosofia, delle scienze, e praticavano nudi la ginnastica e la musica. La paideia, l’educazione dei giovani per diventare futuri cittadini, si configurava come un tutto integrato di esercizi fisici e spirituali. Esercizi del corpo e quelli dell’anima contribuivano in modo uniforme a formare l’uomo vero, libero, forte e indipendente.
La filosofia moderna e postmoderna hanno contribuito a dissolvere il rapporto fra corpo e mondo. Nel voler riproporre in chiave moderna degli esercizi corporei in prospettiva filosofica, si è chiamati ad un impegno operativo ed epistemologico. Ad es. si deve considerare la dimensione relazionale, molto più rilevante che in passato. Il corpo è la misura del limite, la dimensione del mondo. Il corpo interno per farsi mondo e agire nel mondo necessita del confronto/incontro con l’altro, e con tutto ciò di sensibile che ci circonda.