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La cultura come eredità e adattatività

La cultura come eredità e adattatività


La cultura va dunque intesa come una forma di eredità che si affianca e interagisce con altri percorsi di eredità che caratterizzano la specie umana. Nello specifico, la cultura può essere definita come l’eredità cumulativa di costei/azioni simboliche. Ciò significa, innanzitutto, che la cultura è un’eredità, perché ogni essere umano, quando nasce, si trova a vivere in un ambiente profondamente trasformato dalla cultura di coloro che lo hanno preceduto. Tale eredità è di natura cumulativa, poiché la cultura procede sempre avanti. In secondo luogo, l’eredità della cultura concerne essenzialmente (sebbene non esclusivamente) ie costellazioni simboliche con cui gli umani comprendono, spiegano e organizzano la vita. Essi sono in grado di generare simboli astratti, ossia rappresentazioni mentali che in modo convenzionale consentono di raffigurare situazioni percettive della realtà, anche in assenza dei corrispettivi stimoli sensoriali. I simboli non sono fotocopie della realtà, ma strutture mentali flessibili e dinamiche, dotate di livelli progressivi di astrazione, per cui è possibile procedere per zoom mentali, ordinarle in categorie, fare delle rotazioni e inversioni, condividerle con altri, ecc. Tale competenza è connessa con la capacità di elaborare rappresentazioni mentali di secondo ordine (rappresentazioni delle rappresentazioni proprie e altrui) e di giungere a una lettura della mente altrui.
Sul piano psicologico, il concetto di cultura può essere ulteriormente sviluppato, prospettando la cultura come l’appropriazione (da parte di un novizio) di una rete globale e dinamica, più o meno coerente, di modelli mentali (cognitivi, emotivi, sociali), di significati e valori, di pratiche di vita attraverso l’apprendimento sociale e l’interazione con altri consimili indispensabile per adattarsi al proprio ambiente e per dare senso all’esperienza propria e altrui entro una certa comunità di attori umani.
Il concetto di «appropriazione» sottolinea che la cultura è un processo prima di essere una struttura o un sistema di artefatti. In quanto processo, non si ha solo l’appropriazione di soluzioni e artefatti, ma soprattutto di dispositivi di adattamento attivo agli ambienti e ai loro continui cambiamenti. E il concetto di «adattatività», intesa come capacità di adattarsi attivamente all’evoluzione dell’ambiente al fine di garantirsi una continuità di funzionamento. In tale dinamica sono compresi anche i cambiamenti ambientali prodotti dagli stessi esseri umani in funzione delle loro esigenze. In secondo luogo, il concetto di appropriazione implica che la cultura sia considerata come un dispositivo dominio-generale in grado di affrontare in modo flessibile tutti gli aspetti dell’esistenza umana, da quelli pratici e operativi a quelli più astratti e teorici. Per sua natura, la cultura pone un novizio nella condizione di trovare una risposta ai vari problemi della vita.
Ogni cultura sceglie ed enfatizza certe soluzioni locali e contingenti, strettamente connesse con il proprio contesto di riferimento, differenziandosi in tal modo dalle altre culture. In terzo luogo, il concetto di appropriazione pone in evidenza il punto di vista del novizio che si distingue, in modo ovvio, da quello dell’esperto. Ciò che in definitiva conta è il novizio, che deve essere in grado di fare sua la cultura di riferimento attraverso l’azione dell’esperto e di ricostruirla in funzione della sua esistenza e dei cambiamenti dell’ambiente in cui vive. Parlare di appropriazione significa superare la logica della cultura come semplice trasmissione.
La cultura non è un semplice patrimonio o bagaglio di conoscenze e di pratiche che viene consegnato da una generazione all’altra.
«Appropriazione» significa dunque che i soggetti trasformano la cultura nel momento stesso in cui si appropriano dei suoi sistemi di credenze, di valori e di pratiche attraverso l’esperto, proponendone alla generazione successiva una versione modificata e rinnovata, idonea all’adattamento a nuove esigenze ambientali.
Il novizio, più che apprendere la cultura dall’esperto, se ne appropria attraverso l’esperto stesso entro una cornice di partecipazione. Da un lato, tale cornice viene a influenzare la configurazione e il decorso dell’evento; dall’altro, prepara l’individuo a saper affrontare in modo più adeguato altri eventi simili. L’appropriazione è un processo di trasformazione e fa riferimento al cambiamento che deriva al soggetto dalla sua partecipazione a una data attività: la partecipazione è un processo unitario, individuale e sociale allo stesso tempo.
La cultura è una realtà complessa in continua evoluzione, e il processo di appropriazione consente di spiegare contemporaneamente l’evidenza del cambiamento culturale (appropriarsi di qualcosa significa ricombinarla e ricostruirla in qualche modo), sia quella della continuità culturale (una volta che certi aspetti culturali sono stati appropriati, tendono a restare stabili).

Tratto da LA MENTE MULTICULTURALE di Anna Bosetti
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