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Platone


Dove Parmenide ed Eraclito vedevano 2 soluzioni assolutamente diverse e alternative, Platone invece pone l'essere (Parmenide) al di sopra del sensibile (nel mondo intellegibile) e il divenire (Eraclito) sul piano del sensibile --> Platone fa dell'essere il luogo in cui esiste il referente ontologico (reale) del concetto socratico


Il mondo sensibile e intellegibile hanno una relazione profonda e necessaria --> Platone descrive tale relazione con le seguenti parole:

ESSERE      /    CORPO
IDEA       /     DIVENIRE
ANIMA     /      DOXA
SCIENZA  / 


Il Fedone: Socrate non ha paura di morire perché sa di andare presso uomini buoni e divinità buone, e che dopo la morte c'è qualcosa (meglio per i buoni che per i cattivi). Il filosofo vuole morire --> perché? La morte è separazione dell'anima dal corpo --> il Filosofo non si occupa dei piaceri del corpo e la sua attività non è dedicata al corpo ma all'anima e cerca di distaccarsi quanto più può dal corpo. Inoltre nell'acquisizione della sapienza il corpo è un peso, e solo quando l'anima non ha alcuna sensazione, ragione e ragionamento tocca la verità --> anche qui il filosofo ha massimo disprezzo nel corpo.
Inoltre il giusto, il buono, il bello di per se stessi non possono essere raggiunti con le sensazioni, ma con il pensiero "mondo da ogni impurità". Per questi motivi il filosofo vuole che l'anima si stacchi dal corpo --> deve consolidarsi la seguente convinzione: finché l'anima è intrisa nel male del corpo, non si riuscirà mai a raggiungere la verità --> questo perché il corpo crea infiniti ostacoli --> dunque se vogliamo conoscere qualcosa e vogliamo raggiungere la verità dobbiamo distaccarci completamente dal corpo --> l'anima si libererà dal corpo solo con la morte, e non prima. Quindi il Filosofo non può che accogliere con gioia la morte, dal momento che sarebbe una grande contraddizione che quando essa giunge egli se ne rammarichi. In realtà i filosofi praticano di continuo la morte (in quanto ogni giorno sono in conflitto col corpo in ogni suo aspetto) --> i filosofi sono forti e temperanti, le altre persone invece sono coraggiose per paura e temperanti per intemperanza.

Cebete interviene dicendo che la paura degli uomini consiste nel fatto che l'anima si dissolve dopo la morte e dunque non sopravvive al corpo.
Socrate porta 3 prove a favore dell'immortalità dell'anima:
1. Ciascun contrario nasce dal suo contrario --> dalla vita nasce la morte. Ma ogni genesi ha una sua genesi opposta --> dalla morte nasce la vita, dunque prima di incarnarsi in un nuovo corpo, le anime devono pur stare da qualche parte e dunque dopo la morte del corpo sopravvivono.
2. Teoria della reminiscenza --> ogni nostro apprendimento è reminiscenza e tutto ciò che ora ricordiamo lo abbiamo imparato in un tempo precedente. Per poter dire che le cose uguali tendono all'uguale in sé, ma allo stesso tempo gli rimangono inferiori, dobbiamo aver avuto conoscenza dell'uguale in sé --> questa conoscenza non può che essere stata acquisita prima della nascita, e insieme abbiamo conosciuto anche le altre essenze. La conoscenza può avvenire solo prima della nascita, perché altrimenti sarebbe avvenuto durante la nascita, ma avremmo dimenticato anche nello stesso momento --> per forza abbiamo dimenticato perché altrimenti conosceremmo per sempre.  
3. Prova dei semplici e dei composti --> cosa si dissolve e cosa no? I composti si dissolvono nello stesso momento in cui sono stati composti. C'è qualcosa che non è composto?  Qualcosa che è in una condizione identica e immutabile. Le cose in sé non mutano (il bello in sé), mentre invece i cavalli belli e le vesti belle sì --> a queste ultime si accede con i sensi, alle prime con il pensiero --> le prime sono invisibili, le seconde visibili.
Realtà invisibile --> sempre nella stessa condizione --> vi appartiene l'anima
Realtà visibile --> muta sempre --> vi appartiene il corpo.
L'anima è più simile in tutto e per tutto a ciò che si trova sempre nella stessa condizione. Inoltre l'anima comanda e il corpo si fa comandare --> l'anima è divina, il corpo è mortale. Dunque l'anima è somigliantissima al divino, all'immortale, all'intellegibile, all'uniforme e a quanto non si può dissolvere, mentre il corpo è somigliantissimo al mortale, al molteplice e quanto si può dissolvere.

Il Fedro: parte dalla questione dell'amore --> vuole dimostrare che mania (follia --> per i greci è qualcosa che potenzia la ragione) e amore sono doni divini. Per dimostrarlo torna al tema della natura dell'anima --> è immortale perché è ciò che si muove da sé e genera il movimento in tutti gli altri corpi (è principio dunque è ingenerata).
L'anima può essere paragonata a una biga alata condotta da un auriga e trainata da cavalli. Negli dei i cavalli e l'auriga sono tutti buoni, mentre nell'uomo vi sono 2 cavalli, uno buono e uno cattivo --> la biga è difficile da governare. Quando la biga perde le ali cade e si impossessa di un corpo --> a cosa è dovuta la perdita dell'ala? L'ala si nutre di ciò che è buono, sapiente e bello ed è rovinata da ciò che è brutto e cattivo. Quando gli dei si vogliono nutrire risalgono, però per loro è facile in quanto entrambi i cavalli sono buoni. Giunti al di là del cielo possono contemplare il vero essere e le idee. Anche altre anime vogliono contemplare le idee (perché di esse si nutre l'ala), ma possono farlo per poco tempo perché sono tirate in basso dal cavallo nero. L'anima che ha visto alcune idee rimane intatta fino al successivo giro, quando invece si riempie di ignavia e di odio, si appesantisce, perde le ali e cade sulla terra --> Platone costruisce una gerarchia di valori --> sulla base di quante idee ha visto l'anima, essa si appropria del corpo giusto -->
1. Filosofo
2. Re giusto
3. Amministratore dello stato
4. Atleta
5. Indovino
6. Poeta
7. Artigiano o contadino
8. Sofista o demagogo
9. Tiranno
Tutte le anime possono ritornare nell’ Iperuranio dopo 1000 volte, a parte il filosofo che può tornare dopo 3000.
Al termine della prima vita umana le anime vengono giudicate e dopo i primi 1000 anni possono scegliere il nuovo corpo. Le anime che mai videro le idee possono anche scegliere il corpo di animale. Il filosofo invece ha compreso che cosa è l'idea, e lo ha fatto passando dalla molteplicità di sensazioni all'unità del pensiero.
Colui che ha visto le idee, vedendo la bellezza terrena si ricorda della bellezza in sé e vuole volare, ma non ne è capace e dunque sembra folle. Colui che è preso da smania è chiamato amante. Colui che non ha contemplato le idee, quando guarda la bellezza terrena non la venera, ma si dedica solo al piacere del corpo. Chi invece ha contemplato le idee guardando l'amato, lo venera come un dio ed è preso da brividi, calore e sudore --> l'ala riprende a crescere e provoca un po' di irritazione. Poi quando l'amato non è presente l'anima inaridisce e anche l'ala si dissecca, però tornandole il ricordo dell'amato si allieta --> questa ambivalenza la fa smaniare finché non ritrova l'amato e allora prova solo piacere. Tale passione viene chiamata Eros (ciascuno tra i belli sceglie il suo eros secondo il proprio carattere e secondo il dio che venera e quando lo trova fa di tutto, con la persuasione e l'ammaestramento, affinché assuma la forma del suo dio).
Tornando alla metafora, nell'amore cosa rende il cavallo bianco virtuoso e quello nero vizioso? Cavallo bianco: forma eretta, ben strutturato, collo alto, occhi neri, amico di temperanza e pudore, facile da guidare con le parole --> allontana l'anima dall'amato.
Cavallo nero: storto, grosso, collo massiccio, naso schiacciato, pelo nero e occhi bianchi iniettati di sangue, poco comandabile --> è ricolmo di desiderio e spinge l'anima verso l'amato. Tuttavia quando si giunge presso l'amato, l'auriga si ricorda della bellezza in sé, ne è folgorato e, preso dalla paura, ritira indietro l'auriga, e poi lo fa ancora, finché il cavallo nero non rinuncia e si segue l'amato con pudore e timore.
Se il cavallo bianco (le parti migliori dell'anima) prevale, allora si è guidati verso un amore per la conoscenza. Se invece prevale il cavallo nero si è condotti a una vita felice con l'amato, cosa che Platone non denuncia in quanto anche l'amore passionale nutre l'ala.

La repubblica: La domanda è: che cos'è la giustizia? Per rispondere a ciò Platone parte dal presupposto che sono presenti, nello stato, 3 classi: il contadino (colui che produce), il guerriero (colui che protegge) e il filosofo (colui che dirige). Alla domanda si può rispondere in molti modi: giusnaturalisti --> esiste nell'uomo una legge naturale che lo stato deve rispettare.
Hobbes --> ciò che lo stato stabilisce è ciò che è giusto.
Platone --> se un calzolaio e un falegname si scambiano il mestiere, ciò non provoca danno allo stato. Invece uno scambio tra le 3 classi (es: artigiano che vuole diventare guerriero o filosofo) porta a un grave danno ed è un'ingiustizia.

Popper
scrisse "la società aperta e i suoi nemici" --> tra i nemici vi è Platone perché sostiene una posizione aristocratica, in quanto le classi sociali non possono scambiarsi (invece in una società operaia e liberale ciascuno può aspirare a ciò che vuole). Dunque per Platone giustizia vuol dire che ciascuno mantenga la sua classe e faccia il suo compito. Ma a livello individuale che cosa è la giustizia? Vi è analogia tra questa e quella dello stato? Secondo lui sì perché la struttura dell'anima individuale è simile a quella dello stato e anzi la struttura dello stato dipende dalla stuttura dell'anima umana. Dunque come lo stato, anche l'anima è tripartita --> Problema: Con una parte dell'anima apprendiamo, con un proviamo sentimenti e con l'altro desideriamo, oppure in ogni azione utilizziamo l'anima per intero? Si deve dunque definire se queste facoltà sono tra loro identiche o diverse. Platone fa un esempio: se un uomo è fermo, però allo stesso tempo muove le mani e il capo, non si potrebbe dire che è contemporaneamente fermo e in movimento, ma piuttosto che una parte di lui è ferma e l'altra è in movimento. Inoltre, certe persone pur avendo sete, non vogliono bere --> in loro c'è un principio che le invita a bere e uno che lo impedisce --> quest'ultimo è diverso e più forte del primo --> è ciò che ci trattiene dal compiere azioni e non può che provenire dalla ragione, mentre l'altro non può che provenire dalle affezioni. Dunque sono 2 principi diversi tra loro entrambi presenti nell'anima --> una è la parte razionale, l'altra la parte concupiscibile. Tuttavia l'anima, come la città, è tripartita. E la terza parte? Potrebbe avere la stessa natura del concupiscibile --> esempio di Leonzio: sentiva il desiderio di guardare dei cadaveri, li ha guardati e se ne è pentito --> questa parte dell'anima che lo ha fatto pentire ha dunque lottato contro le passioni ed è diversa da loro --> questa terza parte è la polarità tra ragione e desiderio (è la parte animosa) --> quando prevale il desiderio e la ragione viene schiacciata, la parte animosa interviene come senso di colpa. Oppure quando si riceve una pena giusta interviene come senso di giustizia. Dunque il terzo elemento è un supporto della ragione, a meno che non venga guastata da una cattiva educazione.  A questo punto si può rispondere alla domanda: un uomo è giusto quando ciascuno dei suoi elementi adempie ai compiti: l'elemento razionale deve essere l'elemento sapiente che governa l'anima, l'elemento animoso deve allearsi con quello razionale ed entrambi devono dirigere l'elemento appetitivo (che deve lasciarsi governare), che è quello che costituisce la maggior parte dell'anima (l'animo umano è fatto in modo che quando si realizza un desiderio, se ne crei subito un altro nuovo).
Poi Platone dice che in ciascuno uomo c'è un mostro grande e multiforme, che comprende un leone e altri animali selvaggi e poi un uomo interno. L'uomo ingiusto nutre l'animale multiforme e rinforza il leone, però fa morire di fame l'uomo interno e lo rende così debole che gli altri animali lo trascinano dove vogliono. Con la prepotenza e la scontrosità si nutrono e si gonfiano il leone e il serpente, mentre con l'educazione viene nutrita la scimmia anziché il leone. Invece l'uomo giusto nutre l'uomo interno, che è il padrone di tutto e governa tutte le bestie. Dunque il lavoro degli artigiani e degli operai è disdicevole perché loro non sanno dominare gli animali che hanno dentro di loro --> per poter vivere secondo giustizia dovrebbero essere governati dagli uomini migliori, che sono quelli che in sé sono governati da un principio divino (l'uomo interiore).

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA di Mariasole Genovesi
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