Per tutti i grandi terapeuti, in cui la clinica e la teoria si alimentano a vicenda, esiste un caso paradigmatico che costituisce l'avvio del cammino successivo. Per Franco Borgogno si tratta della paziente indicata con M e nota da tempo nella letteratura specialistica internazionale come "la signorina che faceva hara-kiri": espressione che deriva dal sogno inaugurale dell'analisi, dove avviene una cruenta scena suicidaria. Con lei, a lungo silente e inerte, allagata da un senso di non-vita, Borgogno tesse la densissima trama di emozioni, affetti, pensieri, immagini che consente alla cura di prendere lentamente forma e di contrastare un destino di morte psichica.
La signorina che faceva Hara-Kiri
di Ivan Ferrero
Splendido riassunto della libro "La signorina che faceva Hara-Kiri" in merito alla
clinica psicoanalitica dell'ascolto.
Per tutti i grandi terapeuti, in cui la clinica e la teoria si alimentano a vicenda,
esiste un caso paradigmatico che costituisce l'avvio del cammino successivo.
Per Franco Borgogno si tratta della paziente indicata con M e nota da tempo
nella letteratura specialistica internazionale come "la signorina che faceva
hara-kiri": espressione che deriva dal sogno inaugurale dell'analisi, dove
avviene una cruenta scena suicidaria. Con lei, a lungo silente e inerte, allagata
da un senso di non-vita, Borgogno tesse la densissima trama di emozioni,
affetti, pensieri, immagini che consente alla cura di prendere lentamente forma
e di contrastare un destino di morte psichica.
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Psicologia
Corso: Psicologia
Titolo del libro: La signorina che faceva Hara-Kiri
Autore del libro: Franco Borgogno
Editore: BOLLATI BORINGHIERI
Anno pubblicazione: 20111. Incipit de "La signorina che faceva Hara-Kiri"
I pazienti con storie di deprivazione alle spalle devono poter fare esperienza del modo in cui il terapeuta
gestisce ed elabora gli eventi intrapsichici della sua sofferenza. Per questo motivo nel libro saranno messe in
evidenza le caratteristiche tipiche della relazione con questi pazienti (tipo di transfert – controtransfert, la
perdita, l’intrusione – estrazione, ecc…) e come l’analista risponde a queste “richieste”.
CASO M
Nella prima seduta M si presenta a seguito di una caduta da cavallo con conseguente frattura del bacino.
Questo elemento tornerà soprattutto in alcune riflessioni che si troveranno nei capitoli successivi.
La situazione di M è tipica delle crisi depressive:
• poche/nessuna amicizia
• bloccata negli studi
• “mi sento come risucchiata in un gorgo nero”
Già durante la prima seduta porta un sogno, dove una figura (che conosce ma che non sa dire chi sia) sta
facendo hara-kiri all’iinterno di una specie di chiostro con delle arcate e vuole che M la veda. M, che si
sente spaventata dalla situazione e dalla figura stessa prova a scappare ma non può farlo perchè “arcada
dopo arcata” viene inseguita. Durante l’hara-kiri tutti gli intestini fuoriescono dal corpo della “figura”,
particolare che porterà a molte interpretaizoni differenti (svuotamento psichico, deprivazione da una parte;
voglia di “vuotare il sacco” all’analista dall’altra).
Borgogno coglie immediatamente il dolore che viene comunicato da questo sogno, ma M sembra non
riuscire a rendersene conto; non si rende conto quindi (ci dice Borgogno) del fatto che la M del sogno (che è
“più piccola di quella di adesso”) possa essere M bambina costretta ad osservare le sofferenze della madre
senza riuscire ad aiutarla.
Si sviluppa quindi fin da subito il transfert con l’analista: egli diventa a tratti la M-bambina che deve
accudire la madre senza poter fare nulla per lenire il dolore di quest’ultima (con problemi di scarsa vitalità
forse depressivi e probabilmente intrusiva), a tratti invece si trasforma in madre di M che ignora la figlia e fa
rivivere a M il gioco di una vita.
Si scoprirà che sia la madre (“che soffre per qualche segreto”) che il padre (anche lui con scarsa vitalità)
hanno avuto M avanti con l’età e per motivi economici e “mistici” (pensavano che M avrebbe ucciso il
padre con la sua venuta perchè così era successo a loro quando erano nai) non la volevano.
Questo “aborto psichico” esi poteva già intravedere da due frasi dette da M:
“Meglio un incidente (riferito calla frattura) che un problema congenito, perchè con il secondo ci muori”
“[...] Una santa che fa nascere chi non deve nascere[...]”
Borgogno teme di dover diventare la “santa” qui nominata e infatti si accorge successivamente che aveva
già modificato il suo modo di comunicare con un maggiore ottimismo trasmesso a M.
Quello che manca ad M è una alfabetizzazione affettiva del suo sè orfano (di rappresentazione e reverie) per
poter pensare in prima persona e non “con il corpo”.
Questo primo passaggio dei primi mesi di analisi portano alla memoria nuove immagini, immagini di guerra,
Ivan Ferrero Sezione Appunti
La signorina che faceva Hara-Kiri dove bambini dovevano sparire, non dovevano esistere, erano intrappolati, ecc…
Intrappolati quindi da una madre che trasmetteva la sua non voglia di vivere sulla figlia e le imponeva
questo gioco mortifero.
Questo primo passaggio verso la separazione (ancora in nuce) porta ad un nuovo sogno, quello della regina
(pg 26 al fondo).
Ora si fa un salto al 4° anno di analisi quando M ha già compiuto notevoli passi avanti (lavora, ha finito gli
studi, coltiva qualche amicizia), ma in analisi si ripete sempre una “lotta” dove a regnare sono i silenzi di M
e dove per il transfert – controtransfert l’esistenza di uno (m-bambina o M-mamma) era d’impiccio per
l’esistenza dell’altro, un fastidio quasi.
(sequenza del “rombo in risposta al quadrato” + “carbonaro-carbonaio”, pg 27-28-29)
Qualcosa aveva cambiato le regole del gioco, come se con l’intervento del “rombo in risposta al quadrato”, a
cui M rispose “Mi è piaciuto perchè erano parole proprio sue” (questo è il punto cardine che verrà fuori
successivamente), avesse in qualche modo portato un vento di novità, dove M parlava di come i suoi
volessero un maschietto, che volevano chiamarlo Alessandro come Alessandro Magno (mandato
famigliare?Nota Personale) e viene fuori anche la figura di un padre giocoso, non sempre triste come era
stato descritto in precedenza.
Dopo 7-8 mesi M piomba nuovamente nel silenzio più totale, ed è lì che Borgogno pensa al film “L’uovo di
serpente”, e lo comunica anche ad M, le comunica che si sentiva come se avesse lui stesso dovuto uccidersi
(psicoanaliticamente) e uccidere anche lei (interrompendo le sedute).
M risponde “[...]se uno scopre che esiste per gli altri allora è reale, quindi anche gli altri esitono per lui[...]“.
Questa frase rende evidente come M fosse stata sempre la figlia ignorata, quella che non da problemi perchè
in qualche modo “sparisce” agli altri.
Sparisce non per qualche problema suo o qualche suo fallimento, ma perchè è l’unico modo di sopravvivere
all’interno del contesto. Ma questo suo sparire, come suggerisce James, è il modo peggiore per morire,
perchè porta ad essere vivi, ma ignorati e quindi convivere con una enorme sofferenza.
Il “rombo” era una parola autentica dell’analista e quindi di padre e madre non invadenti, separati. M
necessitava un’alterità autentica! Da questo punto Borgogno esce molto dagli schemi sclassici e dagli
interventi di routine per mettere nella relazione qualcosa di più autentico, perchè questo era quello di cui M
aveva bisogno.
Come se M avesse “fatto quadrato” in attesa di qualcuno che potesse sopravvivere alla trama mortifera di
questo blocco, di qualcuno che potesse con la sua autenticità sopravvivere al destino famigliare.
Nell’8° anno abbiamo ancora due sogni riportati da M, ormai in grado di attribuire loro significato senza
necessitare di troppi aiuti da parte dell’analista.
Nei due sogni (il gorgo dove si “gettano i sogni e le speranze” e quello dei dinosauri che le mordono le
mani) si ripercorre in sostanza il passaggio psichico fatto da M che ormai è in grado di attribuire significato
ai suoi pensieri, pensali come suoi e non soffrire pià per il suo passato, senza però doverlo negare. (pagina
34-35 per maggiori dettagli sui sogni).
Ivan Ferrero Sezione Appunti
La signorina che faceva Hara-Kiri
Pazienti schizoidi deprivati
Alla base dei pazienti schizoidi deprivati c’è una identificazione con un oggetto deprivante. La deprivazione
è principalmente una spoliazione-estrazione di quegli elementi fondamentali per un bambino per poter
vivere e crescere (soprattutto il riconoscimento di peculiarità proprie del bambino).
Nel caso specifico di M non possiamo parlare di genitori “malvagi” o “abusanti”, ma solo di genitori con
qualche tendenza depressiva che non hanno dato ad M la “voglia di vivere”. Questi casi sono molto difficili
per l’analista da risolvere in quanto il paziente ne è solo vagamente consapevole in quanto anche riportando
loro alla memoria quelle scene dell’infanzia in cui si nota la “spoliazione”, essi non li riconoscono come
patogeni.
In questi casi si possono trovare persone che utilizzano un linguaggio (anche non verbale) che è peculiare
della loro condizione, ma che il paziente non riconosce come significativo ai fini dell’analisi; una forte
componente di negetività e passività; una situazione di transfert e controtransfert “vuota” e “senza vita” (in
quanto nella mia relazione materna e nella riattualizzazione analitica, la madre e l’analista mi vogliono
morto).
Tutte queste caratteristiche non sono considerate significativamente preoccupanti per la persona perchè sono
state quelle che hanno permesso al paziente di sopravvivere in quel contesto!
Ad esempio per M il non esistere era il modo per evitare il “fato” (morte del padre dopo la nascita del figlio
avuto tardi), di identificarsi con la visione materna e contemporaneamente di allontanare la madre intrusiva.
Non bisogna quindi indagare la componente narcisistica dei pazienti, ma andare invece a cercare ed
analizzare l’oggetto invadente per aiutare il paziente a separarsi da esso per superare i no-entry che ormai ha
acquisito.
Questo ha anche una conseguenza di “riparazione della psiche” perchè permette successivamente di rendere
visibile i danni fatto dall’oggetto al sè.
Ovviamente il cambiamento è molto difficile per questi pazienti in quanto cambiare significa mutare lo
status quo ritenuto, lo dicevo prima, inevitabile per la loro sopravvivenza.
Inoltre ricordo che il transfert fatto sull’analista è spesso dell’Io-Bambino e che quindi come tale non deve
esistere, deve stare zitto e scomparire. Quindi quando l’analista-bambino parla, il paziente spesso lo ignora o
cerca di metterlo a tacere.
Bisogna quindi “dare vita” all’altro riconoscendoli, non seguendo le routine psicoanalitiche ma mettendo
qualcosa di proprio nell’analisi per essere autentici. Ovviamente non bisogna esagerare come sostiene la
scuola inglese (secondo Borgogno) perchè bisogna ridurre al minimo gli enactment, ma se c’è qualcosa di
spontaneo e sincero che viene fuori dall’analista lo si può usare.
I pazienti necessitano quindi di qualcuno che li faccia sentire vivi e separati per poter loro stessi analizzare
le loro idee, i loro sentimenti, la loro affettività.
-> bisogna far nascere il loro sè non nato.
Ivan Ferrero Sezione Appunti
La signorina che faceva Hara-Kiri Riguardo ai sogni di M
Nei primi 3 sogni di M è messo in luce lo stesso tema dell’interazione patogena e di come questa si
modifichi nel corso dell’analisi.
1° sogno: Situazione suicidaria che non lascia scampo
2° sogno: presenza di forze egoiche (“nessuno”) e aiuto esterno riconosciuto (“navi aliene”), ma è ancora
presente il gioco di morte (“il figlio buttato giù dalla regina”)
3° sogno: potrebbe essere chiamato un sogno di svolta, in cui è presente un esterno ed un interno, simbolo di
una nuova lettura della realtà
Abbiamo quindi dei sogni che i primi annia portano a pensare ad una violenza psichica e degrado, senza via
di uscita disponibili per M. Degli incubi insomma, dove le difese primitive messe in campo fallivano lo
scopo, e davano quindi l’idea di non poter sfuggire a questo gioco.
Possono questi sogni essere quindi delle immagini di traumi ripetuti alla nausea, dei contenuti quindi ripetuti
ma non elaborati, nalla vita di M bambina che ora nel sogno riacquistano potenza anche se non si trovano,
per il paziente, i significati? (Ferenczi e, successivamente, Bion proporranno idee simili).
Ivan Ferrero Sezione Appunti
La signorina che faceva Hara-Kiri 2. La critica di Neil Altman a Borgogno
Altman sostiene l’importanza del contesto storico nella lettura della situazione della paziente, soprattutto per
il fatto che probabilmente (data età e periodo di analisi della paziente), stiamo parlando del fatto che i nonni
morti della paziente siano morti durante la seconda guerra mondiale.
Questo, sostiene Altmann potrebbe date una lettura completamente differente della storia di vita di M e
soprattutto di quella dei suoi genitori che sì, avrebbero perso il padre entrambi in concomitanza con la loro
nascita, ma questo sarebbe avvenuto non per qualche “fato maligno” ma come vittime della guerra.
Lo sfondo della guerra ritorna anche in molti momenti dell’analisi di M:
•Sogni di guerra
•Carbonaro / Carbonaio
•Alessandro Magno
•Fare Quadrato
Inoltre M si dichiara lei stessa una grande divoratrice di affetti, che mangiava anche per la madre, dovendo
in qualche modo fare da grande condottiero e liberare dalla condizione di depressione entrambi i genitori.
Altman sostiene che Borgogno trascuri eccessivamente il contesto di Guerra che siede alle spalle della vita
di M e che è presente nella vita dei genitori da piccoli, questo in nome di una tradizione psicoanalitica che
vuole il livello intrapsichico e interpersonale preponderante rispetto al contesto sociale di appartenenza.
Quello che Borgogno propone invece, è una lettura di quello che i genitori di M hanno “depositato” in lei di
distruttivo e proprio. Secondo Altman questo modo di vedere il processo rischia di ignorare quello che è
proprio della paziente e qunidi anche la sua propria parte distruttiva originale (non introiettata). Ma al
contempo sottolinea come non si possa certamente ignorare che qualcosa della sua persona (patologica) sia
stata posta in essa dai genitori (tramite proiezione e quindi espulsione) perchè altrimentri si cadrebbe nel
riduttivismo.
Ipotizza poi che i genitori non fossero “maligni”, ma semplicemente traumatizzati dalla guerra e qunidi
bisognerebbe parlare di una trasmissione intergenerazionale del trauma (Fonagy).
Questo perchè se i genitori sono visto come coloro che “odiano la vita e vogliono M morta” vorrebbe dire
che i genitori sono persone malvage e porterebbe dei seri problemi in un’analisi.
Se invece si vedono i genitori come persone traumatizzate, l’origine del male passa al contesto sociale
(almeno in parte). Ovviamente questo non assolverebbe in toto i genitori in quanto le vittime di guerra non
sono solo vittime ma si identificano anche con l’aggressore, fino a voler uccidere ogni vita dentro di sè
(inconsciamente). E quale miglior occasione di uccidere una nuova vita se non di riversare questo vuoto
interiore sui figli?
Per non spostare però eccessivamente il focus sulla situazione sociale alle spalle, ed ignorare in questo modo
le persone e la vita inter/intrapsichica, Altman suggerisce di considerare M e i genitori sia come vittime che
Ivan Ferrero Sezione Appunti
La signorina che faceva Hara-Kiri come perpetratori (traumatizzate ma portatori anche al loro interno di forze distruttrici esaltate dal trauma).
Inoltre suggerisce agli analisti di non usare questa conoscenza del contesto e della “nuova immagine” dei
genitori (diversa da quella portata dal paziente), comunicandola al paziente in quanto sarebbe
controproducente, sia perchè potrebbe essere un canale per il paziente per sfogare la rabbia contro i genitori,
sia perchè potrebbe far credere al paziente che l’analista voglia difendere a spada tratta i suoi genitori.
Risposta di Borgogno ad Altman
Borgogno esprime con fermezza che il suo scritto presentato in questo libro (e prima ancora per qualificarsi
al training nel 1994) è un esempio di come lui voglia prendere sempre in considerazione il paziente nella sua
interezza senza applicarvi delle categorizzazioni. Afferma con orgoglio di aver avuto come supervisore
Luciana Nissim Momigliano e aver applicato da subito la sua idea “il paziente ha sempre ragione”.
Inoltre sottolinea l’importanza che la storia famigliare di ogni paziente assume per la sua lettura dell’analisi
(perchè come Ferenczi e la Haimann sottolineano, molto spesso i processi di introiezione del paziente non
sono intenzionali) e spiega ulteriormente la condizione di M:
•famiglia povera e non allargata (come di solito accadeva)
•nonni di M morti non per la guerra ma per malattia
•I genitori avevano un lutto non elaborato, non un trauma derivante dalla guerra
•I genitori non avevano potuto “essere bambini”
Quello che manca ad M, quindi, è una sotra di “immunizzazione psichica” che le permetta di vivere per il
mondo (Ferenczi).
Il contesto socio-culturale non è quindi ignorato, ma, continua Borgogno, il paziente necessita in questi casi
di un analista che viva sulla propria pelle i vissuti e l’affettività del paziente per poter proporre un ambiente
psichico (e anche, estendendolo, sociale e culturale) adatto. Inoltre l’analista deve essere quindi sempre
recettivo nei confronti del paziente per contenerli fino a quando non sarà in grado di farlo lui stesso.
M veniva in analisi per ricevere, anche tra mille sofferenze, una storia; per reimpossessarsene, per poterla
fare sua dopo una funziona di holding che non includesse per essere efficace quella serie di “cadute” e di
dolore famigliare/personale che l’avevano fino a poco prima sempre salvata dal contesto (nota personale)
Alina Schellekes
Sottolinea il ruolo delle varie “cadute” di M collegando i sogni di M cone la teoria sulle “vertigini
psichiche” di Quinodoz.
Riguardo al primo sogno sottolinea come il fatto che la persona che compie l’hara-kiri non abbia una
identità definita possa essere ricollegato al fatto che anche a M manchi un proprio sè separato dalla madre
(oggetto di identificazione).
Ivan Ferrero Sezione Appunti
La signorina che faceva Hara-Kiri Inoltre sostiene che gli intestini siano dei pensieri, immagini di M non elaborate che vuole reintegrare.
Collegando con la teoria delle Vertigini, sostiene che manchi nel primo sogno la 3a dimensione, ovvero
quello spazio interno che serve per poter “digerire” quei fattorio traumatici che si porta dentro; ma
contemporaneamente a questo fallimento di interiorizzare la capacità di contenimento genitoriale, si può
notare come ci possa essere una paura di caduta che potremmo definire con le parole di Quinodoz “da
fusione (cade l’oggetto, muoio anche io).
Sè ed oggetto risultano quindi indifferenziati e la paura è l’annichilimento del sè.
Questa paura di essere abortita (psichicamente, ma anche fisicamente per quanto sopra detto) significa però
anche una speranza di rinascita grazie all’angelo-analista. Angelo non come idealizzazione patologica ed
estrema, ma per sottolineare la difficoltà del lavoro che dovrà compiere l’analista.
Questa paura di essere abortita è presente anche nel secondo sogno proposta da Borgogno anche se con
qualche importante differenza.
Il tipo di caduta è completamente nuovo perchè cadere non è più una completa disintegrazione di sè, ma
esso rimane integro. C’è ancora notevole sofferenza e terrore collegato con la caduta, ma il sè sopravvive.
Anche la presenza di “Nessuno” è significativa perchè lotta per salvare le parti del sè dalla figura principale
del sogno (la regina).
La dinamica illustrata da quel sogno è quella per cui perchè viva uno deve morire l’altro (dinamica presente
anche nelle sedute riportate nel primo capitolo).
La vertigine “di essere lasciati cadere” ha quindi una componente di terrore ma non di danneggiamento e
annichilimento effettiva.
Ferenczi sosteneva che le vertigini che alcuni pazienti sperimentavano al termine delle sedute erano il
passaggio da dentro a fuori l’holding analitico
Il terrore di essere lasciati cadere e l’annichilimento sono presenti anche nel racconti di Beckett “Lo
sfrattato” in cui il ritiro schizoide del protegonista richiamano la storia di M.
Il protagonista del racconto usa delle componenti ossessive per sperimentare quella funzione di holding che i
genitori non hanno saputo dargli, come “seconda pelle” che serve a contenere e tenere al sicuro la sua anima
dal mondo e dagli affetti.
La rigidezza nel camminare richiama in maniera molto evidente questo particolare della personalità del
protagonista, mentre la funzione di “protezione” e holding lo si può trovare nel contare le scale, tenere il
cappello denso di significati e il mantenere le feci a contatto con la propria pelle.
Anche il contatto umano non è annullato del tutto nel ritiro schizoide del protagonista, lo si può vedere
cercare nel cocchiere una fonte di calore umano, per poi però finire a sentirsi soffocato e doversi gettare lui
Ivan Ferrero Sezione Appunti
La signorina che faceva Hara-Kiri stesso nuovamente in strada, con una caduta che richiama la caduta primaria, quella dello sfratto.
Rimane qunidi molto chiara l’idea della lotta interna tra il desiderio di un contatto e la paura soffocante del
contatto che significa, nel racconto, anche perdere se stessi.
Inoltre il trattenere le feci a contatto con il proprio corpo fa pensare ad una serie di traumi precedenti al
racconto che possono aver portato a sviluppare questa pratica come tecnica difensiva.
Passando ora all’ultimo sogno di M, quello del gorgo, il tipo di vertigine presente è opposta alle altre 2: una
vertigine da angoscia di essere risucchiati.
E’ poi la stessa M a preoccuparsi del bambino-sè insieme ad una amica, come a protezione di alcune parti di
M che possono essere più vulnerabili. La presenza della capacità di contenimento interiorizzata durante
l’analisi appare evidente nella stessa giocosità e vitalità del sogno, che pur mantenendo elementi di angoscia
e paura sono completamente ribaltati rispetto ai primi sogni.
Risposta di Borgogno a Schellekes
Borgogno non ama Quinodoz in quanto esso è eccessivamente focalizzato all’intrapsichico mentre
Borgogno preferisce analizzare l’ambiente come fattore più importante.
Riguardo al primo sogno è d’accordo con Schellekes che i pazienti che presentano problematicita simili a
quelli della “prima M” non hanno una vera a propria identificazione con l’oggetto, ma più che altro una
imitazione dell’oggetto (Bick), una adesione per l’illusione di contenimento per evitare caduta e collasso; e
proprio su quel confine di “difesa patologica” bisogna lavorare con questi pazienti (Ferenczi).
Concorda anche sulla rilettura del primo sogno riguardante una morte ma anche una rinascita, anche perchè
rileggendo i sogni di M, essi appaiono sempre di meno delle isole separate da tutto, ma dei capitoli di una
lunga ricerca di sè, di una propria identità.
Questa visione appare evidente anche nella figura del carbonaro che potrebbe, con quella luce in testa,
all’interno della caverna, apparire come un medico con uno speculum, intento a far rinascere la paziente a
livello psichico.
Il problema che nasce qui è il seguente: per la famiglia di M nascere equivale a morire e quindi ci si trova di
fronte ad un rebus problematico da risolvere.
Il punto di vista di Ferenczi sulle vertigini citato dalla Schellekes è però relativo al primo Ferenczi, dove egli
sottoline che le vertigini siano il “non sentirsi a casa” del paziente, sentirsi “solo un altro paziente”. Il
successivo punto di vista dell’autore parla di vertigini come di una assenza di “spazio di accoglienza per i
propri figli” e quindi non di mancanza di una casa “analitica” ma di una casa “mentale dei genitori”.
Bambini, insomma, che non sono stati accolti dai genitori.
Ivan Ferrero Sezione Appunti
La signorina che faceva Hara-Kiri