La percezione degli altri attraversa molteplici settori della psicologia
Per quanto riguarda la formazione delle prime impressioni ci sono 3 ordini di spiegazione:
1. Modello configurazionale: modello proposto da Asch che estende i principi della Gestalt all'ambito delle prime impressioni. Secondo questa interpretazione, l'insieme dei tratti attribuiti ad una persona contribuisce e definire una impressione globale, all'interno della quale vengono inserite le successive informazioni disponibili. Le persone sono percepite come unità complesse e le proprietà degli elementi che definiscono queste unità dipendono dall'insieme stesso in cui sono inserite. Il modello configurazionale trova sostegno nel paradigma sperimentale sviluppato da Asch: l'autore sottopone i partecipanti alcune liste differenti di aggettivi che descrivono una persona ipotetica, chiedendo di trarne una impressione, i partecipanti sono suddivisi in due condizioni: al primo gruppo viene proposta la lista “intelligente, abile, laborioso, caldo, determinato, pratico, prudente”, al secondo gruppo viene proposta la lista “intelligente, abile, laborioso, freddo, determinato, pratico, prudente”. La manipolazione sperimentale consiste nella variazione del termine centrale. I risultati indicano che i partecipanti che ricevono la lista “caldo” tendono a descrivere la persona come generosa e di buon carattere, mentre la lista “freddo” si formano l'impressione di una persona snob. La conclusione dell'esperimento è che al variare di un singolo elemento l'intera configurazione tende a cambiare. Non tutti i termini hanno un peso uguale nelle configurazioni. Asch mostrò anche che i primi tratti della lista contribuiscono in misura maggiore alla formazione dell'impressione globale, l'effetto primacy viene interpretato in questa prospettiva come un indice della costruzione della configurazione. I primi tratti iniziano a definire il contesto in cui gli altri elementi vengono inseriti fino a formare una Gestalt percettiva vera e propria.
2. Modello algebrico: proposto da Anderson, secondo l'autore nella formazione delle prime impressioni si procede secondo un processo bottom-up che parte dalle informazioni raccolte e procede a una successiva combinazione. La posizione di ciascun tratto nella lista contribuisce a conferire maggiore o minore importanza ai tratti proposti: le prime informazioni sono più semplici da ritenere in memoria poiché non subiscono l'interferenza degli elementi successivi (effetto primacy), ma anche le ultime informazioni sono in parte favorite perché più vicine al compito di valutazione (effetto recency). L'integrazione algebrica tra posizione e valutazione darà luogo a un giudizio di valore complessivo anche se è un processamento dispendioso dal punto di vista cognitivo.
3. Interpretazione ecologica: studia la formazione delle prime impressioni in contesti reali. Secondo questa prospettiva la percezione delle social affordances dipende dalla sintonia tra informazioni offerte dalla persona osservata e la sensibilità dell'osservatore. Un problema potrebbe essere la sovra-generalizzazione per cui le percezioni basate sul riconoscimento di informazioni presenti nello stimolo si estendono anche in contesti inappropriati, come ad esempio gli adulti con tratti infantili (occhi grandi e viso tondeggiante) sono percepiti secondo tratti tipici dei bambini (deboli, semplici), si tratta di generalizzazioni non adatte.
Uno sforzo di integrare i diversi modelli è quello sviluppato in ambito della social cognition da Fiske e Neuberg. Questo modello propone un continuum nella elaborazione delle informazioni. C'è un processo di tipo top-down basato sull'appartenenza della persona osservata a una categoria evidente per chi osserva (uomo/donna, giovane/vecchio, …) ed è economico dal punto di vista cognitivo, c'è anche un processo bottom-up in cui l'osservatore analizza gli elementi informativi (data-driven), è dispendioso cognitivamente e può portare alla conferma della valutazione iniziale basata sulle categorie o a una rivisitazione della prima impressione.
Superata la prima impressione iniziamo a osservare i comportamenti e cerchiamo di capire qualcosa di noi.
In psicologia sociale, questa tipologia di domande vengono definite attribuzione causale, cioè interessarsi del modo in cui si traggono delle inferenze circa le cause che guidano i comportamenti propri e altrui e si rivolge l'attenzione ai processi di ragionamento individuali.
I modelli di attribuzione causale sono 3:
- locus of control interno: le cause di un comportamento sono dovute a qualità interne all'attore. Se il locus è interno, un comportamento è dovuto alle scelte individuali (motivazione) e alle caratteristiche della persona (abilità).
- locus of control esterno: le cause di un comportamento sono legate al contesto e all'ambiente circostante all'attore. Se il locus è esterno, la casa di un comportamento è da attribuire al contesto specifico e variano in base alle situazioni.
- libera scelta: se non c'è libera scelta non possiamo sapere se il comportamento è dovuto a fattori esterni o a motivazioni individuali
- scelte non comuni: le scelte inusuali sono considerate più informative
- desiderabilità sociale: se le scelte effettuate sono contrarie alla desiderabilità sociale (= esprimono un'idea contraria a quella espressa dalla maggioranza) ci dice molto sull'individuo
3. Modello della covarianza: proposto da Kelley secondo cui nel processo di attribuzione causale vengono considerati più fattori. Per identificare le cause del comportamento ci poniamo tre domande relative all'oggetto (distintività dell'oggetto), a sé (coerenza in situazioni diverse) e agli altri (consenso). A seconda di come si intersecano le risposte a queste domande possiamo avere:
- alta distintività/alta coerenza/alto consenso
- cause situazionali con alta distintività/bassa coerenza/basso consenso - cause interne con bassa distintività/alta coerenza/basso consenso
Uno sforzo interpretativo di questo tipo richiede notevole quantità di risorse cognitive. Ecco allora che compaiono bias e euristiche. Ad esempio il self serving bias è la tendenza ad attribuire a cause interne i nostri comportamenti positivi i successi e a cause esterne i nostri insuccessi. Questo si riflette anche nelle attribuzioni relative ai comportamenti ingroup (abbiamo vinto perché ci siamo impegnati) e outgroup (hanno vinto loro perché hanno avuto fortuna).
Il tema della conoscenza si complica quando l'essere umano si interroga sulla propria identità, ci si sposta dalla percezione del mondo e degli altri verso la percezione del Sé.
Ci sono diverse correnti:
1. Impostazione gestaltista di Lewin: guarda al sé come a un insieme dinamico, una Gestalt 2. Impostazione cognitivista: si concentra sulle informazioni che ciascuno ha raccolto su se stesso e i processi sottostanti
3. Impostazione interazionista-simbolica: si interessa all'interazione tra ciò che sentiamo di essere e ciò che gli altri dicono di noi
Una prima direzione d'indagine sul Sé viene indicata da Asch, Koffka e Lewin che hanno proposto una estensione dei principi della Gestalt in ambito psico-sociale.
La Field Theory (= teoria del campo) spiega il comportamento umano in modo dinamico secondo la legge C=f (P, A) cioè il comportamento umano è in funzione della persona e dell'ambiente, in funzione dello spazio di vita.
A=fatti di ordine ambientale
P=fatti di ordine personale
Questi due elementi sono importanti all'interno del campo e tra i due si situa la zona di frontiere in cui hanno luogo i processi di interazione/percezione/appropriazione dell'ambiente fisico e sociale. Lo spazio di vita include i fatti relativi all'esperienza individuale e agli elementi della persona.
Come il campo è caratterizzato da forze così la persona è un insieme di motivazioni/obbiettivi/bisogni in continua interazione con l'ambiente di vita.
Il Sé insieme di aree, caratterizzate da forze concorrenti e contrapposte.
La teoria del campo propone una visione dinamica della persona, una totalità organizzata e plastica, in cui la tensione tra cambiamenti ambientali e interiori determina sin dalla prima infanzia un continuo modificarsi dei rapporti.
Gli individui sono attori e agiscono nell'ambiente, sono caratterizzati da riflessività e si interrogano su sé e sulle proprie azioni (sono consapevoli di sé).
Lewin distingue tra:
• io reale (include il mondo fisico)
• io fenomenico reale (ciò che è fenomenicamente percepito dall'attore sociale, ciò di cui è consapevole. L'io fenomenico è un complesso strutturato di vissuti e qualità che la persona ritiene pertinenti a se stessa e che individua nel campo percettivo globale, il sé è percepito come figura rispetto al resto del mondo che fa da sfondo).
Gli approcci cognitivisti pongono in primo piano la questione della conoscenza. Neisser reinterpreta l'io fenomenico (del primo approccio) in termini di:
• sé ecologico: che include la percezione di noi e delle nostre azioni in relazione all'ambiente. È il sé percepito in rapporto all'ambiente fisico, ha origine dalla percezione.
• sé interpersonale: riguarda la consapevolezza delle interazioni con gli altri, dal sé interpersonale si sviluppa la consapevolezza che l'altro interagisce con noi ed è dotato di intenzioni/obbiettivi/emozioni
Neisser distingueva anche:
- sé esteso: sé come era nel passato e come ci aspettiamo che sia nel futuro, basato su quanto ricordiamo e quanto anticipiamo
- sé privato: si manifesta quando il bambino si accorge che alcune delle sue esperienze non sono condivisibili con altri, è costituito dalle esperienze private non condivisibili (io sono la sola persona che può provare questo specifico sentimento)
-sé concettuale: ciò che ogni persona crede di sé, è il sé che permette di tenere insieme gli altri sé fornendo un'immagine coerente di noi come persone in rapporto con gli altri
Negli anni Sessanta il concetto di schema di sé viene reinterpretato sotto forma di conoscente schematiche, si tratta di g eneralizzazioni cognitive circa il sé derivate dall'esperienza passata che organizzano il processamento dell'informazione relativa al sé.
Marcus definisce lo schema di sé come una componente centrale del concetto di sé. Secondo l'autrice è ciò che consente al soggetto di recuperare informazioni dalla memoria per identificare ciò che è e ciò che non è, prevedere/orientare il proprio comportamento e guidare il processo interferenziale. Il sé si comporterebbe da conoscitore di se stesso, osservandosi e acquisendo nuove informazioni, organizzazione gerarchica: conoscenze sovraordinate e specifiche, conoscenze centrali più difficili da modificare e più periferiche.
La visione del sé è strutturata in una rete di conoscenze, in cui i diversi nodi rappresentano elementi cognitivi più o meno centrali e associati tra di loro. Le nuove esperienze sono elaborate in modo più dettagliato se riguardano dimensioni rilevanti per il sé.
Marcus propone un esperimento nel 1977, si distinguono le persone in schematiche e aschematiche rispetto alla dimensione indipendenza/dipendenza.
Le persone schematiche si definiscono autonome, indipendenti e libere oppure dipendenti, legate, remissive, accondiscendenti, le persone aschematiche non considerano rilevanti queste caratteristiche per descriversi. I risultati dell'esperimento sottolineano come i partecipanti schematici riconoscono con maggior semplicità le informazioni che fanno riferimento alle dimensioni rilevanti al sé, mentre altre informazioni richiedono più tempo per essere riconosciute.
• Markus e Nurius hanno introdotto il costrutto di Sé possibili (possible selves), ovvero un insieme di idee circa quello che l'individuo potrebbe, vorrebbe o teme di divenire. In questo caso diventa centrale la capacità progettuale e si può parlare di rappresentazioni del sé.
Si può fare una distinzione tra:
- sé reale: coglie le conoscenze effettivamente raccolte su di sé
- sé ideale: raccoglie le conoscenze di ciò che una persona vorrebbe essere
- sé normativo: raccoglie le conoscenze di ciò che una persona dovrebbe essere
Le discrepanze tra le tre forme del sé porterebbero a ansia, disperazione, inefficacia.
Il sé viene sviluppato anche in contesti occidentali (statunitensi) e orientali (giapponesi). Inizialmente Markus e Kitayama propongono una distinzione tra il sé indipendente (= entità distinta dal contesto, stabile e rivolta al soddisfacimento di obbiettivi personali) e sé interdipendente (= dove gli altri sono inclusi nelle barriere del sé, è rivolto all'adattamento al gruppo e vuole mantenere l'armonia). Kitayama più recentemente ha proposto un'altra distinzione tra la rappresentazione internalizzata del sé e il modo di essere (= l'insieme delle partiche accettate o sanzionate attraverso cui in una data cultura è possibile essere un sé, cioè essere riconosciuti come individui).
Altri autori suggeriscono invece di considerare i due sé (indipendente e interdipendente) come modalità compresenti, di cui una dominante e l'altra disponibile in particolari occasioni.
Negli anni Settanta vengono mosse delle critiche alla social cognition che si sofferma sul sé come insieme di conoscenze individuali e non ha tenuto conto degli aspetti sociali e culturali in cui il sé si sviluppa.
L' interazionismo simbolico si sviluppa nei primi anni del Novecento, i padri fondatori sono Mead e James che si sono interessati a come il sé si sviluppi nelle interazioni con il contesto sociale e con l'Altro. James è tra i primi a studiare il sé come fatto psicologico, cioè come elemento inerente la consapevolezza dell'individuo. Per James l'individuo è immerso in un fiume continuo di sensazioni/emozioni/sentimenti, in questo modo il pensiero è continuamente proiettato verso il fluire del mondo e ci entra in relazione su un piano sensibile. James definisce i feelings come forme di senso calde, fondate sull'immediato contato del corpo con l'ambiente.
Per James il sé si distingue in due componenti:
• L'Io consapevole: ovvero un soggetto consapevole che conosce il mondo, agisce in esso e riflette sulla propria esistenza, cerca di mantenere una percezione continua del sé
• Il Me conosciuto: ovvero tutto ciò che un soggetto può chiamare suo (il suo corpo, le sue facoltà psichiche, la sua casa, ..). Il Me rappresenta l'aspetto empirico del Sé e include gli elementi che definiscono il Sé conosciuto, include le caratteristiche materiali (= il corpo come è percepito e autorappresentato al soggetto insieme alle cose che il soggetto possiede, ovvero il Sé materiale), caratteristiche sociali (= come il soggetto si vede nel rapporto con gli altri insieme alla consapevolezza di come gli altri ci riconoscono, ovvero il Sé sociale) e le caratteristiche spirituali (= sapersi capace di pensare e di riflettere, ovvero il Sé spirituale).
Il Sé nella prospettiva di James non è una somma di conoscenze accumulate da un individuo isolato ma è il frutto di una riflessione continua che l'Io svolge su quanto il Me sente nel fluire del mondo materiale e sociale.
Cooley sviluppa l'aspetto riflessivo del Sé, introduce il concetto di Sé rispecchiato (looking glass self) e sottolinea come il modo in cui ci concepiamo sia legato al modo in cui gli altri ci guardano (ci concepiamo nel riflesso di noi che gli altri ci rimandano).
L'aspetto sociale e dialogico del Sé viene sviluppato da Mead, introduce il concetto di un Sé che emerge come internalizzazione del dialogo con l'Altro. Il Sé non è innato ma emerge quando l'individuo ha acquistato la capacità simbolica e la capacità di assumere gli atteggiamenti altrui. È impossibile concepire un Sé che sorga fuori dall'esperienza sociale.
Per Mead il gioco è un elemento fondamentale per lo sviluppo del Sé e si distingue tra: - play: dove il bambino fa riferimento a compagni immaginari
- game: è un gioco organizzato in cui il bambino impara a rispondere a regole e ad assumere contemporaneamente le posizioni/ruoli di tutti i partecipanti. Dal game nasce l'Altro generalizzato, cioè il gruppo sociale cui ognuno fa riferimento. L'Altro generalizzato è alla base del sé che secondo Mead è l'espressione del dialogo interiore tra Io e Me.
Mead fa la distinzione tra l'Io che corrisponde alla parte costruttiva, la componente di autonomia, e il Sé che è un processo sociale frutto dell'interazione tra l'individuo autonomo e le richieste dell'Altro generalizzato, ovvero tra Io e Me.
La proposta socio-costruzionista dei Gergen si sofferma sulla decostruzione del concetto di individuo così definito nella cultura occidentale. L'idea di un Sé individuale, autonomo, razionale, stabile nel tempo è una costruzione culturale che non è sbagliata ma è doveroso sviluppare altre alternative. Nella prospettiva costruzionista le relazioni sono il fondamento della società e non gli individui.
Si introduce il concetto di Sé mediato dall'Altro, che indica come il Sé è inserito in un mondo di relazioni e di conseguenza sentimenti/desideri/pensieri sono creazioni relazionali prive di significato al di fuori delle specifiche relazioni. Il continuo variare delle relazioni ridefinisce le costruzioni sociali. Dalla dimensione relazionale deriva l'instabilità del Sé.
I costruzionisti propongono di guardare il Sé post-moderno come un Sé fluido e multiforme, Mail, social network, telefoni determinano un incremento delle relazioni e della loro frammentarietà che portano a un vero e proprio Sé saturo e fluttuante sempre più instabile e incoerente.
Sul piano metodologico il costruzionismo propone di studiare come i soggetti narrano di sé. I Gergen conducono uno studio sulle autobiografie da cui emerge il fatto che gli uomini si successo statunitensi usano la metafora del viaggio agli inferi dell'eroe, mentre le donne si soffermano sulle relazioni.
La svolta narrativa proposta da Bruner è contemporanea a quella dei Gergen. Anche per Bruner è necessaria una revisione radicale dell'impostazione seguita dalla psicologia. Però si focalizza sulla folk psychology (= insieme di nozioni culturalmente stabilite in base alle quali i soggetti organizzano il modo di guardare a sé stesse, agli altri, al mondo in cui vivono. La psicologia è una base essenziale per la coesione culturale poiché l'insieme di credenze condivise fornisce il senso comune) e sulle narratives (= ovvero le risorse a cui ciascuno di noi attinge per costruire e ricostruire la cultura, come ad esempio storie/miti/racconti popolari).
La narrativa individuale per Bruner è sempre sociale perché emerge dalla negoziazione con le narrative costruite da altri.
La visione del Sé proposta da Bruner è una visione culturale, storica e narrativa. È un Sé culturale e storico perché nasce dai significati che con gli altri attribuiamo a noi stessi, procede dal passato al presente, ma è anche il Sé narratore perché si esplicita nella pratica del raccontare storie, si presenta a sé e agli altri come una storia in continuo divenire che include quello che è stato e quello che diventerà. Per Bruner il compito della psicologia culturale è quello di raccogliere storie, soffermandosi sulle autobiografie.
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Dettagli appunto:
- Autore: Emma Lampa
- Università: Università degli Studi di Macerata
- Facoltà: Scienze Politiche
- Corso: Scienze e Tecniche della comunicazione
- Esame: Psicologia Sociale
- Docente: Ramona Bongelli
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