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La sintassi armonica di Bèla Bartòk


Béla Bartòk (Transilvania 1881 – New York 1945) giunse ad esiti talmente importanti da rappresentare un’esperienza creativa e complessa meritevole addirittura di affiancarsi a quella di Schonberg e Stravinskij. La produzione musicale di Bartòk è inizialmente debitrice nei confronti dei modelli tardo ottocenteschi (su Brahms e Liszt si era formato da giovane) ma a partire dal 1907 si caratterizzerà in maniera assolutamente originale.
L’assimilazione del patrimonio popolare e della musica contemporanea, in particolar modo francese, e la scoperta della modalità formano una miscela meravigliosamente esplosiva, che si rivela specialmente nella musica da camera e per pianoforte. Nell’Allegro barbaro (1911) e nella Suite op. 14 (1916) si impone un pianismo percussivo e ritmicamente ossessivo, una condotta armonica e timbrica assolutamente originale, con strutture scalari e modali, prassi esecutive fortemente debitrici dell’elemento popolare.
Intanto si avvicina al teatro con l’atto unico Il castello del principe Barbablù, che lo condurrà sulla strada della massima violenza espressionista, culminante ne Il mandarino meraviglioso. Dopo qualche anno di silenzio, torna alla produzione musicale con capolavori come i Quartetti, i primi due Concerti, il Divertimento per archi.
Le principali componenti della sintassi armonica di Bartòk derivano dalla combinazione di due sistemi, l’uno che affonda le sue radici nella musica folcloristica dell’est europeo, e l’altro che deriva dal campo armonico occidentale. Alla base della concezione formale di Bartòk – lo ha dimostrato Lendvai – vi sono criteri riconducibili a principi matematici come la sezione aurea o la serie numerica di Fibonacci, che realizzano strutture aperte e dinamiche.
La forma fu un problema costante per Bartòk, sempre aspirante a realizzazioni sintetiche creative e a soluzioni organiche sempre più ardite. La macroforma prediletta da Bartòk è quella detta ad arco o a ponte, in cui un movimento centrale funge da perno, e quattro altri movimenti si dispongono specularmene attorno ad esso, nel senso che gli ultimi due sono le riprese variate dei temi dei primi due, con un gioco originalissimo di rifrazioni deformanti.
Non dimentichiamo anche la fondamentale opera didattica, composta dalle raccolte Per bambini e Mikrokosmos, tese a fornire un graduale addestramento tecnico e ad avvicinare i bambini all’autenticità e all’originalità stilistico – espressiva del patrimonio popolare. Tutto ciò prova quel profondo senso della socialità e quell’accostarsi non paternalistico al mondo contadino, che furono la base di scelte umane e artistiche sempre coerenti.
Mikrokosmos, in particolare, è una raccolta pianistica di 153 pezzi in ordine di difficoltà crescente, che rappresentano il Gradus ad Parnassum del pianismo moderno. Importantissima in lui fu anche la ricerca sonora, che lo portò a fondamentali esplorazioni nella possibilità timbriche degli strumenti.
Il suo trasferimento negli Stati Uniti lo portò ad un progressivo smorzamento del lato popolare della sua musica, a favore di quello colto e di tradizione. Ne scaturì una sorta di personalissimo neoclassicismo mai dimentico delle sue radici ungheresi, ora rivissute con nostalgia e senso di sradicamento.

Tratto da STORIA DELLA MUSICA di Gherardo Fabretti
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