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Investimenti economici e scelte politiche dopo la guerra - Shepard B. Clough e Richard T. Rapp


Fin dal primo periodo della seconda guerra mondiale tutti i belligeranti dedicarono studi alle fasi economiche del dopoguerra. Tra questi, si spinse molto avanti il governo della Francia libera di De Gaulle con sede ad Algeri, che istituì una commissione economica (con l’incarico di redigere le prospettive dei bisogni) da cui sarebbe venuto poi il piano di ammodernamento francese detto piano Monnet. Negli Stati Uniti la programmazione fu intrapresa con l’intento di evitare le consuete crisi economiche del dopoguerra.

Ogni paese si rendeva conto che occorrevano ingenti risparmi sulle entrate correnti per effettuare necessari investimenti e che, se il settore privato dell’economia non era in grado di fornirli, ciò era compito dello Stato. Ogni governo, poi, riconosceva la necessità dell’appoggio popolare per il raggiungimento degli obiettivi.

In tutti i Paesi i movimenti della Resistenza erano stati fortemente appoggiati da elementi di sinistra, e ciò aveva portato all’assunzione di impegni per la nazionalizzazione di taluni settori dell’economia. Tutto questo è ben illustrato dalla Francia, dove il Governo provvisorio di De Gaulle, avendo bisogno dell’appoggio delle sinistre, procedette rapidamente a nazionalizzare le miniere di carbone, elettricità, gas, ecc. Anche nel Regno Unito la situazione era propizia alle nazionalizzazioni. Il partito laburista provvide a nazionalizzare la Banca d’Inghilterra, l’industria mineraria, ecc In Italia lo statale IRI mantenne le proprietà, l’ENI fu mantenuto in funzione, furono nazionalizzate alcune aziende e l’industria elettrica. Se in Olanda, Germania, Belgio e Stati Uniti, non vi furono ondate nazionalizzatici, in questi paesi dal 10% al 20% dell’industria diventò proprietà dello Stato e fu gestita a beneficio della collettività.

In tutti i paesi furono incoraggiati gli investimenti in beni di produzione. In generale gli investimenti andarono ai settori di attività in cui le possibilità di espansione erano maggiori e in cui la domanda sociale era più urgente. Ancora, quasi tutti i paesi dell’occidente intrapresero massicce campagne a favore della produttività: il benessere economico era una condizione altamente desiderabile, e per ottenerlo occorreva produrre di più.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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