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Il complesso della mummia


André bazin, uno tra i principali maestri della critica cinematografica mondiale, riflette in questo saggio datato 1945 sullo specifico fotografico, ovvero l’insieme delle qualità intrinseche dell’immagine su celluloide che estende senza forzature al cinema, per ovvi motivi diretto erede della fotografia stessa.
Bazin parte affrontando la pratica dell’imbalsamazione come punto fermo nello sviluppo delle arti plastiche e introduce l’affascinante concetto di complesso della mummia con un’analisi della psicologia della razza umana, razza tendenzialmente votata alla difesa contro il tempo, si pensi a questo proposito alle elaborate pratiche funebri della civiltà egizia, non soltanto ai cadaveri mummificati ma anche alle numerose statue poste a guardia del feretro nelle piramidi.
Attraverso la difesa dell’apparenza carnale, in antitesi con la decadenza fisica successiva alla morte, l’uomo è riuscito a ricondurre l’essere alla vita, strappandolo al flusso della durata. La funzione primordiale della statua stessa è quella di sostituire la fisicità evanescente dell’essere umano, salvare quindi l’essere mediante l’apparenza. 
L’evoluzione di arte e civiltà ha portato con sé una liberazione delle arti plastiche dalla funzione magica in senso stretto; si perde l’identità ontologica del modello ma persino il pensiero logico e razionale sublima il bisogno di esorcizzare il tempo, se non altro utilizzando ritratti e modelli come ricordo del defunto e scongiurandone ad ogni modo una seconda morte spirituale.
La fabbricazione dell’immagine perde tuttavia anche i crismi antropocentrici attraverso uno slittamento della riproduzione da mera sopravvivenza dell’uomo ad una realtà di secondo grado, universo per certi versi autonomo e ideale. La vanità della rappresentazione a questo punto supera il bisogno primitivo del genere umano di aver ragione del tempo attraverso la perennità della forma.
Bazin pone dunque l’accento non tanto sull’estetica delle arti plastiche, quanto sulla loro psicologia, su una psicanalisi della forma e quindi sulla rassomiglianza con il modello e sul concetto di realismo.

Tratto da ONTOLOGIA DELL'IMMAGINE FOTOGRAFICA di Nando Dessena
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