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Gadamer - Il dialogo: un accordo tra due persone sul linguaggio


L’esempio mostra cosa sia un enunciato quando venga sciolto dal proprio contesto pragmatico, e quale sia il limite di principio che esso presenta, non potendo mai dire tutto quello che sarebbe da dire. Dal punto di vista ermeneutico non vi è dialogo che giunga alla fine prima che abbia condotto ad un accordo reale. Forse, per questo, non vi è in fondo dialogo che giunga alla fine, poiché un accordo perfetto tra due persone contraddice l’essenza dell’individualità.

Il limite del linguaggio è dunque, a dire il vero, il limite che si compie nella nostra temporalità, nella discorsività della nostra parola, del nostro dire, pensare, comunicare.

Il linguaggio si compie non negli enunciati, ma come dialogo, quell’unità di senso che si costruisce a partire dalla parola (Wort) e della parola-risposta (Antwort). Solo nel dialogo la lingua acquista la sua rotondità. Ciò vale per il linguaggio verbale, ma anche per il linguaggio di gesti e costumi.

Il fenomeno della lingua straniera lo mostra con chiarezza. Nel loro orizzonte culturale limitato, i greci chiamano barbari gli altri popoli che a loro avviso non hanno per nulla una lingua. Il nostro modo di vedere non è più questo. Eppure anche per noi la lingua straniera resta un’esperienza-limite. Ciascun parlante, nell’intimo dell’anima, non arriverà mai alla convinzione che altre lingue possano porgergli altrimenti quel che già gli è familiare. Ciò vale nel caso della traduzione.

E’ la disperazione di ogni traduttore constatare l’assenza di espressioni corrispondenti alle espressioni della lingua che traduce. Una teoria della pura corrispondenza è falsa: occorre qui riconoscere un limite. La trasposizione del senso del parlante straniero nel senso della propria lingua è un processo infinito. E’ un dialogo mai del tutto concluso del traduttore con se stesso.

Tratto da LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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