Polonia: Resistenza cattolica sotto l’occupazione
La sorte della Chiesa Cattolica fu diversa a seconda delle zone. Nei territori annessi della Slesia e Pomerania i nazisti tendevano a portare avanti una germanizzazione che non lasciava spazio d’azione alla Chiesa Cattolica, ma il non aperto contrasto permise alla Chiesa di mantenere una propria organizzazione in Slesia. La regione del Wartheland invece, annessa alla Germania, fu teatro di un esperimento che vide la chiusura del 97% delle chiese e degli edifici religiosi. Nei territori annessi all’Urss l’applicazione della legislazione sovietica portò alla requisizione dei beni ecclesiastici, alla laicizzazione dell’insegnamento e alla chiusura delle case religiose. La situazione della chiesa polacca peggiorò con l’esplodere dei contrasti con lituani e ucraini. I nazisti seppero sfruttare bene i sentimenti dei due popoli mostrando la Chiesa Cattolica come tipica espressione della nazionalità dominante, quella polacca, odiata da ucraina e lituani tanto quanto era odiata quella russa. La chiesa ortodossa ebbe un trattamento decisamente migliore perché, non rivestendo le caratteristiche di chiesa nazionale, poteva essere utile agli occupanti. In generale in Polonia la partecipazione alla resistenza prescindette dal credo religioso e i cattolici che partecipavano lo facevano in quanto polacchi. La violenza del conflitto riportò il cattolicesimo polacco agli aspetti più essenziali della religione, facendogli accantonare le divisioni e le afferenze politiche di prima del conflitto e migliorandone il rapporto con la popolazione.
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