Fenici in Sardegna
I primi anni dell’VIII secolo a.C. vedono la nascita dei primi impianti urbani fenici nel Mediterraneo occidentale e quindi anche in Sardegna. Ciò che prevale non è tanto l’interesse commerciale, quanto il desiderio di una nuova realtà territoriale che appare legata a precedenti consuetudini della madrepatria, cioè all’ambiente dell’aristocrazia mercantile libanese: nella necropoli di san Giorgio, abbiamo traccia di un piccolo impianto funerario a carattere familiare, databile intorno alla metà dell’VIII secolo, composto da una decina di tombe, secondo precisi canoni topografici riscontrati fino alla metà del VII secolo nelle colonie fenicie della penisola iberica. Gli insediamenti costieri fenici rientrano tutti nei parametri in uso nella madrepatria: centri ubicati su un rilievo a poca distanza dalla costa e in prossimità di un fiume che ne costituiva l’indispensabile e vitale porto. Contrariamente a prima, gli insediamenti stabili si trovano solo in una parte delle coste, anche se insediamenti temporanei si trovano lungo le coste settentrionali e orientali (si esaurisce la loro funzione commerciale legata alle risorse minerarie: Bosa, Magomadas, Posada, Orosei, Santa Maria Navarrese, Arbatax, Quirra e Cuccureddus di Villasimius). I centri che sono duraturi sono collocati soprattutto nell’arco costiero da Capo sant’Elia a Capo Mannu (a nord di Tharros), zone che hanno le stesse condizioni climatiche dell’area libanese. Il centro più antico è quello di Sulky, attuale Sant’Antioco, intorno al 780/770 a.C.; seguono, in rapida successione, Monte Sirai, Inosim, Portoscuso (tutte nel sud ovest); verso Santadi abbiamo Paniloriga, alla confluenza delle vie di penetrazione commerciale verso nord e verso est; infine, verso est, numerosi insediamenti indicano la capillare occupazione delle coste da parte dei nuovi coloni, come Capo Teulada e l’area presso il porticciolo di Malfatano, tutti accumunati dal fatto che erano protetti naturalmente, ma che poi venivano abbandonati in favore di zone dov’era più facile approdare. Sorte analoga capitò all’insediamento di Bitia, attuale Torre di Chia, mentre ciò non accadde per Nora, perché era situata nell’apice occidentale del Golfo di Cagliari.
Oltre a quella sulcitana, anche la regione oristanese fu interessata dalla colonizzazione fenicia: Neapolis (Santa Maria di Nabui), Othoca e Tharros: le prime due probabilmente vennero fondate nella metà dell’VIII secolo, mentre invece dai ritrovamenti a Tharros sembra che questa sia stata fondata prima della fine dello stesso secolo.
Collocazione a parte merita Olbia, all’interno di un eccellente porto naturale, affacciato verso la costa tirrenica.
La maggior parte di questi luoghi era già da tempo occupata da altre popolazioni nuragiche, che commerciavano con i mercanti micenei e che si spingevano verso altri lidi, testimoniato dalle brocche askoidi nuragiche trovate nell’Etruria mineraria, come Populonia e Vetulonia. Ciò dimostra che questi insediamenti hanno avuto luogo solo con il consenso delle popolazioni autoctone: probabilmente ci furono dapprima piccoli gruppi di abitati orientali che poi, assieme con gli abitanti nuragici, hanno dato vita ai primi agglomerati. A questa prima ondata segue quella della seconda metà del VII secolo a.C., come conseguenza della definitiva conquista della Fenicia da parte del re assiro Assurbanipal: a questa nuova ondata colonizzatrice partecipa un numero di abitanti più ampio del precedente, abitanti di censo modesto, non più temporaneamente lontano dalla madrepatria perché probabilmente fuggite dal loro paese in cerca di terre più tranquille. Tutto ciò è testimoniato dagli oggetti della vita quotidiana e dai corredi funebri.
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