Storia della teoria politica internazionale: la teoria realistica
Contrapposta alla concezione idealistica, vi è la teoria realistica, che ha come principali fautori Hans Morgenthau (che ha scritto “Politica tra le Nazioni”) ed Edward Carr (che ha scritto “La crisi dei 20 anni”).
Il realismo ritiene, al contrario di quanto detto finora, che gli interessi dell’uomo portino alla lotta e alla sopraffazione reciproca: lo stato di conflitto che ne deriva è permanente, in quanto l’egoismo e gli interessi particolari sono strutturalmente ineliminabili, per cui il raggiungimento di un equilibrio, è l’unica alternativa all’uso della violenza o della forza. Dagli anni ’80 del’900 in poi, il clima della disciplina diventa teso, poiché vi è rivalità tra gli Stati. Nel frattempo, si sta facendo strada una proposta che vede nei regimi internazionali una metodologia concettuale (che è il costruttivismo) basata sulla tesi che la creazione di istituzioni possa portare alla cooperazione. Secondo questa metodologia, la costruzione dell’identità degli Stati si riversa nella costruzione dei loro interessi. Contemporaneamente alla nascita del costruttivismo, nascono i regimi internazionali, che secondo Krassner sono “un insieme di principi, norme, regole, procedure decisionali attorno alle quali convergono le aspirazioni degli attori intorno a un’area tematica”. Da questa base teorica nasce il neoistituzionalismo, che ha come idea di fondo la cooperazione fra gli Stati.
Il neoistituzionalismo si divide in due branche:
1.Il Neoistituzionalismo razionale (o liberale, in quanto si rifà all’economia) che considera gli Stati come individui che sanno scegliere opzioni più vantaggiose se aderiscono a un’organizzazione;
2.Il Neoistituzionalismo sociologico, che ripone fiducia nelle istituzioni, in quanto creano situazioni favorevoli tra gli Stati. Da questa visione, nasce il suddetto costruttivismo.
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Autore:
Fabrizio Calabrò
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