La controdestinalità degli involucri: dalla via d’accesso al vicolo cieco
L’homeless si pone al termine di un circuito destinale fallacemente sotteso dai fulgori promettenti della città del cinema; al sogno come riapertura di un panorama di vita (accesso ad Hollywood attraverso i boulevards) si sostituisce un incubo che reifica una terminatività: si va letteralmente ad impattare con il volto “murario” dell’homeless, inserito a sua volta in un vicolo cieco.
L’homeless è l’anti-teatro del sociale, una figura di ciò che è inescambiabile, mentre il play-back consente il fingimento dell’interpretazione nella piena sostituibilità dei ruoli (si pensi ai provini musicali della seq. 34). Cade a terra l’uomo che ha sognato l’homeless (seq. 7) così come la donna che guarda dentro la scatola (seq. 42), o la cantante che ha finto una performance (seq. 41b): come vedremo, ciò che hanno in comune questi tre personaggi è il loro tentativo di riguadagnare un piano di realtà: dal sogno alla sua manifestazione nel reale (Dan), dal sogno di Diane al disvelamento del segreto che cela (Rita), dalla registrazione della propria voce alla performance pienamente partecipata (Rebekah del Rio).
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