Intervento chirurgico per il trattamento della capsulite adesiva
Nei casi in cui non si abbia un miglioramento dopo 3 mesi di trattamento fisioterapico e medico si rende necessario ricorrere all'intervento chirurgico.
Sono due le tecniche chirurgiche:
- mobilizzazione in narcosi forzata: l'arto viene mosso in tutte le direzioni in quanto si ha il vantaggio di non incombere nelle resistenze date dalle contratture muscolari.
- incisione di una parte della testa della capsula per liberarla dalle aderenze
Nella terapia post-chirurgica gli obbiettivi saranno:
• Riduzione e scomparsa del dolore
• Recupero del ROM articolare
• Rinforzo muscolare
Il braccio del paziente dopo l'intervento chirurgico viene posto in extrarotazione per mantenere il ROM chirurgico recuperato tramite l'intervento.
L'intervento del fisioterapista è precocissimo, inizia anche il giorno stesso.
In una prima fase
- riduzione del dolore (FANS opportunamente prescritti dal medico; crioterapia; TENS)
- massaggio leggero rivolto alla spalla e al rachide.
- mobilizzazione dell'articolazione distale (mano e gomito)
- mobilizzazione passiva (su tutti i piani articolari; risulta molto dolorosa per il paziente, deve quindi essere graduale e mai aggressiva): flesso-estensione, abduzione-adduzione e gradualmente rotazioni.
- stretching capsulare (è opportuno sapere quale porzione della capsula è stata danneggiata, se anteriore o posteriore, per cui gli esercizi saranno differenti).
- esercizi di decoaptazione: esercizi di pendolamento di Codman
- movimenti attivi della scapola richiedendo al paziente seduto sul lettino:
• elevazione (fibre sup. del trapezio, elevatore della scapola)
• depressione (gran dorsale, trapezio inferiore, dentato anteriore)
• adduzione (romboidi, trapezio medio)
• abduzione (dentato anteriore)
Nelle successive settimane si prosegue con:
- TENS e massaggio
- esercizi di pendolamento di Codman
- mobilizzazione attiva-assistita con la finalità di recuperare la motilità su tutti i piani.
- stretching capsulare
- stretching muscolare: rivolto ai muscoli pettorale, gran dorsale, tricipite e bicipite brachiale. Lo stretching non deve essere mai doloroso, deve seguire l'orientamento delle fibre muscolari, essere graduale, rapportato all'età e coadiuvato dal terapista.
- rinforzo dei muscoli stabilizzatori della scapola (adduzione, abduzione, depressione ed elevazione della scapola): esercizi in catena cinetica chiusa
- rinforzo muscoli cuffia dei rotatori: esercizi isometrici in catena cinetica chiusa per rotazione interna, esterna, abduzione e flessione.
In una fase finale, ottenuto il recupero completo della motilità passiva e miglioramento di quella attiva, si prosegue con:
- mobilizzazione attiva
- rinforzo muscolare in catena cinetica aperta dei muscoli stabilizzatori della scapola, contro una minima resistenza che verrà aumentata con cautela.
- rinforzo muscolare per i muscoli della cuffia dei rotatori: esercizi in catena cinetica aperta con bande elastiche per rotazione interna, esterna, abduzione e flessione.
- rinforzo del deltoide anche con l'ausilio di manubri leggeri.
- tecniche neuromotorie (PNF= facilitazione neuromuscolare propriocettiva): metodica per aumentare la risposta del sistema neuromuscolare grazie alla stimolazione dei propriocettori.
Obiettivo del trattamento è migliorare o normalizzare un movimento articolare.
Consente oltre ad un guadagno della forza, l'inserimento del movimento in uno schema di controllo motorio globale. Coinvolge tutta la muscolatura della spalla, agonista e antagonista, ed è indicate per una riprogrammazione neuromotoria del gesto.
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Dettagli appunto:
- Autore: Stefania Corrai
- Università: Università degli Studi di Sassari
- Facoltà: Medicina e Chirurgia
- Corso: Fisioterapia
- Esame: Malattie apparato locomotore
- Docente: Tranquilli Leali
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