L'esaltazione dell'individualità in Burkhardt
Nel 1859 Burkhardt pubblica “La civiltà del rinascimento in Italia”.
La tesi che sostiene Burkhardt è che la grande conquista del Rinascimento sta nella scoperta e nell’esaltazione che esso fà dell’uomo e della sua individualità, quindi la sua valorizzazione sotto tutti gli aspetti. Nel Medioevo l’individualità non era conosciuta, l’uomo era inserito entro un ordine più vasto di cui è parte e momento integrante.
Nel rinascimento la singolarità viene considerata valore di per se stessa: scopre la libertà, prima di tutto di essere se stessi, l’individualità di farsi così come ci si vuole. Questo comporta una rivalutazione del mondo, della vita terrena:è in questa vita e in questo mondo che l’uomo afferma la propria libertà di singolo individuo. Sembra quindi aprirsi all’immanenza a scapito della trascendenza propria del Medioevo, anticipando la cultura moderna.
Anche Gentile nel suo saggio su Telesio riprende questa posizione, e Cassirer, nel suo “individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento” fa lo stesso. L’esaltazione dell’uomo diventa esaltazione della sua autonomia, il che è possibile solo rimuovendo o addirittura negando Dio. Ma questo è vero? È possibile un’esaltazione dell’uomo che tenga fermo il suo rapporto con Dio e anzi fondi la sua dignità proprio su questo rapporto?