L'arbitrarietà della lingua, Saussure e Jakobson
Il rifiuto della facoltà referenziale della letteratura, in Barthes e in generale nella teoria letteraria francese, dipende dall'influsso della interpretazione arbitraria della linguistica di Saussure e Jakobson.
Ma il libro di Saussure, il famoso Corso di linguistica generale, non giustifica la premessa secondo la quale il linguaggio non parli del mondo.
Saussure non diceva che la lingua era arbitraria, ma che lo era il legame tra l'aspetto fonetico e l'aspetto semantico del segno, tra significante e significato, inteso come obbligatorio e non cosciente. Ma l'arbitrarietà del segno non implica per necessità la non referenzialità della lingua.
Da questo punto di vista il capitolo fondamentale del libro di Saussure è quello che riguarda il valore. Approfondiremo l'argomento. Saussure dice che la significazione è il rapporto tra il significante e il significato, mentre il valore dipende dal rapporto dei segni tra di loro. Dare un nome significa isolare nell'ambito di un continuum. Ritagliare in una materia continua segni discreti è un atto arbitrario, perchè un'altra lingua potrebbe ritagliarla in maniera diversa; il continuum però rimane sempre lo stesso. Lingue diverse attribuiscono ai colori differenti sfumature, ma sezionano sempre lo stesso arcobaleno.
Per capire che sorte sia toccata al valore nella teoria letteraria, è sufficiente ricordare come Barthes riassumesse questa nozione negli Elementi di semiologia del 1964. Partiva dall'analogia proposta da Saussure tra la lingua e un foglio di carta: se lo si taglia otteniamo diversi pezzetti, ciascuno con un recto e un verso (metafora della significazione, cheè fatta di significante e significato) e con una determinata sagoma rispetto ai suoi vicini (il valore).
La PRODUZIONE DI SENSO è come un atto di ritaglio simultaneo di due masse amorfe. Barthes sostiene che Saussure immagini che all'origine (del tutto teorica) del senso, le idee e i suoni formino due masse fluttuanti, parallele e continue di sostanze; il senso compare quando queste due masse vengono simultaneamente ritagliate.
Il linguaggio, ritagliando in modo arbitrario ora dal significante ora da significato, costituisce una visione del mondo di cui siamo irrimediabilmente prigionieri. Ma Saussure non aveva mai lasciato intendere che la parola fosse arbitraria; questo è un salto di Barthes che proietta sul libro di Saussure, l'ipotesi di Sapir – Wolf sul linguaggio, secondo la quale, i quadri linguistici costituiscono la visione del mondo dei locutori; ciò vuol dire che il linguaggio non ha accesso all'altro, tra cui il reale, così come la situazione storica in cui ci troviamo delimita il nostro orizzonte.
C'è un salto immenso. Se partiamo dalla premessa NON ESISTE PENSIERO SENZA LINGUAGGIO per dimostrare che il discorso è un qualcosa di arbitrario, siamo d'accordo. Ma è arbitrario perchè il codice del segno è frutto di una convenzione.
Non possiamo, come Barthes,arrivare invece a dire che è arbitrario perchè il codice è dispotico, come se dalla rinuncia della premessa automaticamente ne consegue la non referenzialità della parola: se le lingue non suddividono nello stesso modo i colori dell'arcobaleno non vuol dire che non parlino dello stesso arcobaleno.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Teoria della letteratura
- Docente: Prof.ssa Rosalba Galvagno
- Titolo del libro: Il demone della teoria
- Autore del libro: Antoine Compagnon
- Editore: Einaudi
- Anno pubblicazione: 2000
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