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L’estensione della letteratura nei secoli


Nel senso più ampio dell’insiemistica, diremo che la letteratura è tutto ciò che è stampato o generalmente scritto. Questa accezione corrisponde alla nozione classica delle belle lettere, con tutto ciò che la retorica e la poetica potevano produrre, ivi comprese la narrativa, la storia, la filosofia, le scienze e l’eloquenza.
Questa accezione equivale, insomma, a quella di cultura, così come l’avevano formulata i filologi nel XIX secolo. Perché letteratura e cultura coincidevano per loro? Perché la letteratura era inequivocabilmente la testimonianza più accessibile di una cultura, quell’insieme organico costituito dalla lingua, dalla letteratura e dalla cultura necessario a comprende l’unità di una nazione. Lo studio della letteratura era la via maestra per comprendere una nazione, poiché essa per mano di alcuni geniali scrittori aveva forgiato massimamente quel determinato paese.
In senso più ristretto il confine tra letterario e non letterario varia notevolmente a seconda delle epoche e delle culture. Aristotele inseriva all’interno dell’arte poetica il genere epico e il genere drammatico, e ne escludeva il genere lirico, in quanto il poeta vi si esprimeva in prima persona, e per questo motivo veniva considerato un genere minore. Epopea e dramma, cioè narrazione e rappresentazione erano la letteratura, la letteratura era il verso (epopea e dramma erano in versi). Il discorso cambia radicalmente nel corso del XIX secolo. Epopea e dramma abbandonano sempre maggiormente il verso, per adottare la prosa, e con il nome di poesia si finì per identificare proprio l’unico genere che Aristotele aveva escluso: la poesia lirica.
Da quel momento la letteratura fu romanzo, teatro e poesia. Questo procedimento intensivo è inscindibile dal movimento romantico, lo stesso che sancì la relatività storica e geografica del gusto, contrapponendosi alla nozione classica di universalità del canone estetico. Sempre dal Romanticismo la letteratura venne concepita nei suoi rapporti con la nazione e con la storia. La letteratura, o meglio, le letterature, sono prima di tutto nazionali. Ma ecco il paradosso: il criterio romantico della relatività storica viene immediatamente contrastato dalla volontà, ugualmente romantica, di unità nazionale.
In senso ancora più stretto la letteratura sono i grandi scrittori. È una nozione di gusto ancora una volta romantico. Thomas Carlyle, uno dei più importanti critici letterari della prima età vittoriana, vedeva in loro i grandi eroi del mondo moderno, arbitri unici della bontà e della giustizia umana. Il canone classico era formato da opere modello; esse dovevano essere imitate in maniera feconda. Il canone moderno è formato da scrittori modello; essi incarnano lo spirito di una nazione. Passiamo dunque da una definizione della letteratura dal punto di vista degli scrittori (che indicano le opere da imitare) a una definizione dal punto di vista dei professori (che indicano gli scrittori degni di ammirazione). È indiscutibile la tesi secondo la quale alcuni romanzi, drammi o poesie appartengono alla letteratura perché scritti da grandi scrittori; ma da qui nasce un ironico corollario: tutto ciò che è scritto da un grande scrittore è letteratura, compresa la lista della spesa o la corrispondenza privata; e una ironica tautologia: la letteratura è tutto ciò che gli scrittori scrivono.
Naturalmente identificare la letteratura con i grandi scrittori vuol dire nello stesso tempo negare il valore di altri romanzi, drammi e poesie. Del resto anche il canone degli scrittori non è stabile, e conosce spesso entrate e uscite, e ogni nuova opera determina un riassetto della tradizione come totalità, modificando allo stesso tempo il senso e il valore di ogni opera che appartiene alla tradizione. Il romanticismo, insomma, non possiede la chiave giusta. Il restringimento istituzionale della letteratura nel XIX secolo non tiene conto, infatti, che per chi legge, ciò che legge è sempre letteratura, si tratti di Proust o di un fotoromanzo; trascura inoltre la complessità dei livelli della letteratura nell’ambito di una società: per i romantici sarebbe letteratura solo quella colta e non, ad esempio, la narrativa così come la si intende nelle librerie britanniche.
Oggi non esiste solo il romanzo, il dramma e la poesia lirica, ma anche il poema in prosa, l’autobiografia, il racconto di viaggio, il fumetto, i libri per bambini, i gialli.
Per riassumere: il termine letteratura ha una estensione più ampia o meno ampia a seconda degli autori e il criterio di valore che include un dato testo, e ne esclude automaticamente un altro, si basa su discrimini non letterari ma etici, sociali e ideologici.

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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