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La divulgazione scientifica: un modello narrativo della storiografia dell'educazione

 La divulgazione scientifica: un modello narrativo della storiografia dell'educazione



Questo contributo si propone di chiarire le dimensioni, tra loro strettamente intrecciate, che abbiamo ritenuto fondamentali nella ricerca storico – educativa: la dimensione della divulgazione scientifica e la dimensione della narratività. I livelli che abbiamo individuato sono quattro:
- Il rapporto tra divulgazione e divulgazione scientifica.
In ambito scientifico il problema del linguaggio rappresenta una delle questioni più complesse e ardue da affrontare, per via delle innegabili responsabilità epistemologiche di cui è portatore. In linguaggio, in effetti, entra in gioco a tutti i livelli di fondazione scientifica di un sapere, qualificandolo dal punto di vista euristico e di partecipazione pubblica ai suoi processi e prodotti. Le scienze umane sono state spesso definite ambigue e incerte, meno scientifiche, a causa di un registro più incline alla suggestione e al senso comune che non all'argomentazione logica e alla chiarezza ma anche per la ricerca di una narratività più manifesta. Per lo storico dell'educazione non è secondario, dunque, rilevare, come dove si parla di divulgazione scientifica lo si faccia, solitamente, escludendo da tale attività la stessa pedagogia, a cui è riservata l'attribuzione di divulgazione tout court.
- Divulgazione scientifica come sapere di serie B.
Si tratta di una connotazione assai radicata, che prende le mosse dalla sfumatura negativa evocata dalla radice etimologica di di divulgare che si riallaccia al lemma volgo. Divulgare vuol dire letteralmente spandere tra la folla e indica tradizionalmente l'azione di spandere un sapere accessibile, semplificato, sminuzzato se non banalizzato. Per un verso attraverso la divulgazione si finisce con l'impostare una scienza da dilettanti che si affida ad un linguaggio approssimativo e ad esempi tratti dalla vita quotidiana; per l'altro si fa strada l'idea che la vera scienza sia quella degli esperti, ammantata di un lessico esoterico e asettico al fine di garantire l'oggettività di ciò che racconta.
Da una simile concezione di divulgazione scientifica derivano, nell'ottica pedagogica, due implicazione di rilievo: 1. sul piano pedagogico, un giudizio negativo circa la valenza educativa di tale tipologia
divulgativa, che non aiuta i destinatari della divulgazione stessa ad entrare nel processo
della ricerca, ma si limita a farne dei fruitori di prodotti. 2. sul piano della ricerca storico – educativa, una siffatta concezione di divulgazione
scientifica, e soprattutto le sue testimonianze concrete, riscontrabili in una vastissima produzione di materiale scritto, sono una fonte di tutto interesse per il ricercatore di storia dell'educazione, per l'interpretazione delle visioni educative di cui sono intrisi.
- Strumentalizzazione della divulgazione scientifca.
L'assimilazione tra popolo, nella sua accezione negativa, e infanzia, ha contribuito a sclerotizzare ulteriormente l'idea e la prassi di una divulgazione scientifica come attività di rudimentale alfabetizzazione scientifica, ma anche all'affermarsi di un raffinato indottrinamento morale ed ideologico condotto proprio attraverso la diffusione dei prodotti scientifici, slegati dai processi che hanno portato alla loro formulazione. L'artificiosa separazione tra contenuti e metodi, in effetti, costituisce un calcolato prerequisito affinché ai destinatari della divulgazione non giungano né l'abito inquisitivo né la relatività propri della scienza, bensì un sapere cristallizzato, assoluto, la cui orfanità metodologica viene ben presto ad essere rimpiazzata dall'ideologia di turno.
Popolo e infanzia diventano, nel corso dell'Ottocento, le entità analoghe, accomunate da una presunta inferiorità, destinatarie di una divulgazione scientifca ad hoc, incline alla precettistica comportamentale, al risvolto paternalistico, alla conferma di principi stabiliti a priori.
- Scienza, divulgazione scientifca e narratività. Quest'ultimo livello è quello che vede la divulgazione scientifca assurgere al rango di modello per la storiografia dell'educazione. Mentre le tre precedenti concezioni si configurano come fonti di conoscenza, di dati, di fatti e di tentativi che rimangono momenti di prevaricazione del discorso educativo, in questa quarta accezione, la divulgazione scientifica costituisce la testimonianza piena della sfida verso un traguardo di infinito miglioramento. La divulgazione scientifca come momento necessario e non piegato a nulla se non alla conoscenza e al valore della scienza in quanto tale. Ciò che emerge è che a questo livello la divulgazione muova da una matura consapevolezza che funge da ponte, da raccordo con il modello, che fa sì che la divulgazione stessa si ponga come modello. Il ricercatore diventa così il prototipo del Narratore per eccellenza: vale a dire lo storico, in generale, e lo storico dell'educazione in particolare. La narratività, in sostanza, così come l'educazione, poggia sul presupposto che ci si possa illudere di attingere al vero solo attraverso la finzione. L'espressione, apparentemente paradossale, vuole significare che il racconto, educativamente inteso, e il racconto scientifico più di ogni altro, non è mai soltanto una fuga dal reale fine a sé stessa ma una fuga necessaria per ritornare con accresciuta consapevolezza a quel reale, che non può esistere di per sé ma solo se raccontato.

Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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