Italo Calvino – Cosimo e Viola
La proverbiale purezza linguistica di Calvino è prima di tutto capacità di raffinare nobilmente la lingua della tribù senza perdere i contatti con essa. Potremmo allora dire, volgendo al politico la sua “questione della lingua” (che era imperniata soprattutto sulla necessità di rendere l'italiano una lingua moderna e funzionale), democrazia da una parte ma raffinatezza e quasi distacco aristocratico dall'altra. In tal senso nessuna delle favole di Calvino risponde meglio del Barone all'essenza del suo ideale linguistico.
Nell'invenzione del barone Cosimo Piovasco di Rondò, Cases ha visto il nietzscheano pathos della distanza: Cosimo non si sporca le mani nel terriccio dei fatti umani, ma dall'alto comprende meglio e sa meglio indirizzare i problemi dei suoi simili; la sua è sì una fuga individualistica, ma anche un trasferimento in un'aria più respirabile di libertà che consente maggior coscienza razionale e maggiori possibilità riformistiche.
Per questo, ma non solo per questo, il romanzi è un allegoria dell'intellettuale illuminista che Calvino era, anche se allora si diceva marxista. Ed è stato sempre Cases a paragonare acutamente il Barone Rampante alle posizioni di un sottile rappresentante italiano del neopositivismo: Giulio Preti. Da parte sua Calvino, com'è indicativo del suo pendolarismo, dopo questo romanzo scriverà altre favole, ma pure racconti impegnati nella realtà, anche strettamente politica, contemporanea come La speculazione edilizia e La giornata di uno scrutatore.
La vicenda è raccontata da un narratore interno, il fratello Cosimo, che è poco più di un mero adiuvante. Col brano riportato termina l'incontro di Cosimo con Viola bambina, anteprima del loro impetuoso (e sempre arboreo) amore da giovani: due personalità opposte, e che perciò appunto si attraggono secondo l'evidente modello della Pisana e di Carlino di Nievo. Viola rappresenta la capricciosità, l'irrazionalità e la mondanità, oltre all'attrazione, sempre rifiutata da Cosimo, verso la terra. Ecco allora che mentre Cosimo ragiona per tempo, da filosofo e da realista (siccome, quindi), Viola si atteggia a damina, ragiona speciosamente, tende a ingannare nel gioco e in sostanza a dominare e schiavizzare.
Per la massima parte il brano si svolge in dialogato, botte e risposte provocatrici o difensive di ragazzi che Calvino riesce a rendere in modo più che mai snello e vivace, evitando il più possibile i verba dicendi. Sono battute di carattere ora espressivo, ora fàtico e tentativo, ora commentativo: Senti tu, come dici?, va bene, sii bravo. Il lessico, e non solo quello, si attesta su di una elegante medietà, con rarissimi scarti verso l'alto e scarse metafore. La differenza fra i pochi passi di narrato e i molti in dialogato è in ogni caso impercettibile.
Viceversa non mancano le mosse colloquiali e popolari, sia nel lessico sia nella sintassi: il regionale dicono al posto di chiamano; l'imperfetto indicativo sia in protasi che in apodosi dell'ipotetica (Se mettevi un piede per terra avevi già perso tutto!). Il finale di brano è una chiara metafora dell'intellettuale.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia della lingua italiana
- Docente: Gabriella Alfieri
- Titolo del libro: attraverso la prosa italiana
- Autore del libro: Pier Vincenzo Mengaldo
- Editore: Carocci
- Anno pubblicazione: 2004
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