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Lo spazio di Arrivée d'un train - Lumière -




Si ritiene in genere che una variazione di piano, sia essa continua o discreta, implichi uno spostamento della m.d.p.; nel nostro film, l’impossibilità di attribuire la diversificazione dei piani allo spostamento della m.d.p. indica che l’istallarsi di una struttura aspettuale dello spazio non si attua sul piano dell’enunciazione(aspettualità dello spettatore), ma su quello dell’enunciato. Questo ci permette di individuare un altro attante delegato dall’enunciatore, responsabile dell’aspettualizzazione dello spazio: un tale attante – informatore – deve appartenere pienamente al piano dell’enunciato, deve essere completamente debraiato dall’enunciatore.
Si noterà che la scena del nostro film si articola secondo due assi spaziali: uno prospettico – che costituisce lo spettatore come punto di riferimento – e uno diagonale – determinato dalle linee dei binari e dei marciapiedi che tagliano l’inquadratura, linee che si congiungono all’infinito, costituisce come punto di fuga il treno, che si trova così a ricoprire anche la posizione attanziale di informatore, attore sincretico dunque, che figurativizza nello stesso tempo sia il soggetto performante che l’informatore.
Il sistema aspettuale dello spazio è il risultato dell’incrociarsi di una struttura prossemica costituita a partire dallo spettatore secondo la categoria della distanza, che ci permette di definire in astratto una scala dei piani, e un fare informativo, il movimento in quanto “rendersi visibile” dell’informatore, che tali piani concretamente produce.
Il sistema spaziale dello spettatore si costituisce come sistema pragmatico o più propriamente ottico, facendo riferimento alla visione e ai suoi limiti naturali; mentre quello dell’informatore si costituisce come sistema cognitivo, il cui movimento rimanda ad un far sapere.
A livello discorsivo esiste un sincretismo tra soggetto narrativo ed informatore, entrambi figurativizzati dal treno, sincretismo per cui il movimento del treno costituisce sia l’oggetto della narrazione, sia il fare informativo che la rende riconoscibile. Possiamo dire che ciò qualifica l’avvenimento narrato come autoevidente, privando ancor di più l’osservatore di ogni valenza cognitiva e relegandolo ad una posizione di pura esistenza pragmatica.

Tratto da SEMIOTICA DEI MEDIA di Nicola Giuseppe Scelsi
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