L'immagine - movimento - Deluze -

Anche Deleuze, nei suoi volumi sul cinema affronta la questione dell’immagine-movimento a partire da una posizione assai vicina a quella che si è cercato di evidenziare nel discorso sulla fotogenia. Non si tratta certo di un caso, visto che egli fa riferimento proprio ad Epstein nel momento in cui delinea l’idea di piano come sezione mobile; più in generale, per quanto riguarda l’immagine-movimento, Deleuze sostiene che essa “non è né una lingua né un linguaggio. È una massa plastica, una materia a-significante e a-sintattica, una materia non linguisticamente formata, benché non sia amorfa ma semioticamente, esteticamente, pragmaticamente formata. È una condizione virtualmente anteriore a ciò che condiziona. Non è un’enunciazione, non sono degli enunciati. È un enunciabile. Vogliamo dire che quando il linguaggio s’impadronisce di questa materia(cosa che fa necessariamente), allora essa dà luogo ad enunciati che domineranno o persino sostituiranno le immagini e i segni e che rinviano per loro conto a tratti pertinenti della lingua, sintagmi e paradigmi, del tutto diversi da quelli di partenza […] la lingua non esiste che nella sua reazione ad una materia non relativa al linguaggio, ch’essa trasforma. Per questo enunciati e narrazioni non sono un dato delle immagini apparenti, ma una conseguenza che deriva da questa reazione. La narrazione è fondata nell’immagine stessa, ma questa non è data.”.
Il punto centrale è qui che l’immagine-movimento è un enunciabile, e perché un enunciabile si trasformi in enunciato occorre un soggetto operatore di tale trasformazione, che l’analisi ritroverà come traccia all’interno dell’enunciato o anche porrà come presupposto più o meno empirico fuori di esso.
Rimane possibile un’altra strada, quella di una semiotica pura che possa trattare l’immagine in quanto tale e che può trovare nella fotogenia il suo fondamento e la sua tradizione.