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"L'a-cinema" di Lyotard. Teorie di campo e forza figurale


Nel 1973 Lyotard pubblica "L’a-cinéma", un contributo collocato nel quadro del post-sessantotto e dell’opera di Lyotard "Discorso e figura", in cui il discorsivo è il luogo della tradizione razionale occidentale e il figurale esiste come forza ed energia motoria anteriore al significato, e nella contrapposizione di funzionale e non funzionale Lyotard polemizza con la cultura occidentale che ha rimosso il secondo, ossia le manifestazioni contraddittorie, metaforiche e polivalenti, il figurale che si collega al processo freudiano primario (principio di piacere) mentre il discorsivo, normalizzazione dell’istinto, si lega a quello secondario (principio di realtà); per Lyotard il cinema è fondamentalmente forza figurale, ma attraverso il cinema narrativo il corpo del film (come quello sociale) viene normalizzato e svuotato di forza libidinale, e l’”a-cinema” è il cinema come fenomeno pirotecnico; tale pirotecnia è visibile in due modi diversi, nel “tableau vivant” che simula la staticità di un dipinto, realtà mobile immobilizzata, “effetto quadro” che al cinema in genere non rende in quanto negazione della realtà più cinematografica, il movimento, ma che proprio per questo costituisce una critica radicale al modo di rappresentazione occidentale, oppure nell’esaltazione lirica, il movimento spinto al parossismo; lo spettacolo pirotecnico, oltre a costituire un’attrazione cinematografica, rappresenta una spesa improduttiva, e così mette in crisi il sistema tradizionale di rappresentazione.
Tra gli autori più influenzati da queste teorie di campo c’è Burch, che critica il cinema come linguaggio e come industria istituzionalizzata, e definisce il cinema primitivo “attrazione”, spettacolo pirotecnico in cui le singole inquadrature si succedono secondo una logica attrattiva, interpretando Lyotard in ambito storico; altri contrappongono cinema delle attrazioni e dell’integrazione, con il secondo che recuperando modelli narrativi ottocenteschi normalizza la forza affabulatoria del primo.

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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