Le distopie successive

Nel secondo Novecento, le distopie immaginano un assolutismo più morbido o immani catastrofi. Un esempio del primo, femminista è The Hanmaid's Tale di Margaret Atwood (1985). La Atwood immagina gli USA sotto un'ondata di neo-puritanesimo, trasformati nella Republic of Gilead (da un nome biblico della terra promessa). Le donne sono sequestrate e ridotte a Unwomen.

Il narratore è un'Ancella; le Ancelle, rieducate, vengono preparate a diventare schiave sessuali dei comandati dell'esercito, ma non per il piacere bensÏ per la procreazione. L'Ancella si trova in una posizione di privilegio ma vive nell'incubo ed è spossessata del proprio corpo.

Alla fine della storia scopriamo che c'è un'organizzazione clandestina di resistenza, di cui fa parte l'autista cui Offred (Difred, il nome dell'ancella) si accosta. Il racconto si conclude con l'incertezza sulla sua sorte. Il clima del libro è pesante: il controllo è assoluto, la disinformazione è sovrana.

I Guardians of Faith di Gilead hanno non pochi tratti degli odierni neo-con. La Atwood coglie gli aspetti di un nuovo feudalesimo insiti nel processo di globalizzazione. Vale la pena di ricordare, inoltre, che tutto comincia con un attentato al Presidente, attribuito agli integralisti dell'Islam, e  l'abolizione della Costituzione. L'autrice immagina che tutto sia stato ritrovato nel 2195.

Tra le altre distopie, citiamo infine Acide sulforique (2005) di Amèlie Nothomb, che trasforma il campo di concentramento in un reality show (il cui titolo è Concentration) con le torture in diretta, compresa la nomination dei condannati a morte. Con il paradosso dell'audience: più si diffonde l'indignazione, più si alzano gli ascolti, arrivando al centro per cento quando sta per essere uccisa la protagonista. In Italia, l'atmosfera di un potere nazi-fascista non domo e strisciante, è nei romanzi di Mario Lunetta, ne I ratti d'Europa (1977) e ne L'ubicazione di Lhasa (1993).