La vita di Leopoldo Alas Clarìn (1852 – 1901)

Nasce a Zamora, da famiglia asturiana. Visse gran parte della sua vita a Oviedo, e lì dal 1883 insegna diritto. Fu il primo intellettuale spagnolo di epoca moderna a influenzare la cultura nazionale da una posizione geografica defilata e provinciale.
Scrisse molti racconti, come la raccolta Pipà, ancora legata ai canoni del naturalismo, e Cuentos morales e El gallo de Sòcrates, più ironici e impressionistici.
Il suo grande romanzo è La Regenta, che manifesta una molteplicità di interpretazioni: da una parte è la storia di una città, Vetusta/Oviedo; da un’altra la denuncia della volontà di dominio del clero spagnolo; da un’altra ancora è l’analisi di una personalità femminile repressa. Racchiude dunque una lunga tipologia di romanzo, da quello a tesi, a quello psicologico, d’ambiente eccetera. L’intreccio si basa su un adulterio, ma non un classico triangolo: un quadrilatero infernale. La grande novità sta nello svilupparsi della vicenda più sulla base dell’osservazione dall’esterno, con l’ausilio dell’associazione involontaria, col ricorso al sogno, all’allucinazione, al monologo interiore, strumenti di rivelazione dell’io. Sono personaggi che acquistano valore simbolico senza nulla perdere della loro vitale ambiguità. Vetusta è l’allegoria del mondo urbano avvilito dall’industrializzazione, disgregato e disgregante, e Ana e Fermìn sono due eroi negativi, vittime dell’ipocrisia e della violenza della società, con la loro mistificata e repressa vitalità. La Regenta fu fortemente criticata per la sua spietata avversione per l’immobilismo delle vecchie classi e per la debolezza e mediocrità della borghesia, ma oggi viene considerato spesso il miglio romanzo dell’800 spagnolo, per certi versi superiore anche a quelli di Galdòs, per la sua capacità di rendere con rigore la linea del racconto e per la sua abbondante ironia.
Il secondo romanzo di Clarìn, Su ùnico hijo è meno equilibrato del primo ma interessante e ricco di spunti narrativi.