I tipi di migrazione
Le migrazioni possono essere rilocalizzazioni forzate o volontarie oppure, in molti casi, imposte ai migranti delle circostanze.
Nelle migrazioni forzate, a prendere la decisione di trasferirsi sono esclusivamente individui diversi dai migranti stessi. Dalla fine del XVI secolo all’inizio del XIX, gli africani furono trasferiti con la forza come schiavi.
Una migrazione non completamente volontaria – una rilocalizzazione indotta – di circa 8 milioni di indonesiani ha avuto luogo a seguito di un’energica campagna, indetta dal governo a partire dal 1969, finalizzata a trasferire la popolazione di Giava, densamente abitata ad altre isole e territori del Paese, nell’ambito di quello che è stato definito “il più grande programma di colonizzazione della storia”.
La grande maggioranza delle migrazioni è volontaria e la povertà rappresenta il maggior incentivo.
Le condizioni negative del luogo di origine che incoraggiano la decisione di migrare prendono il nome di fattori di spinta. Fra essi si possono annoverare la disoccupazione, la mancanza di opportunità professionali, il sovraffollamento, la povertà, la fame o la guerra. Le presumibili condizioni positive del luogo di destinazione prende il nome di fattori di attrazione, quali sicurezza e cibo o opportunità di lavoro o clima migliore.
Il concetto di utilità locale ci aiuta a capire il processo decisionale intrapreso dai potenziali migranti volontari. L’utilità sociale rappresenta il livello di soddisfazione percepito da un soggetto rispetto a una data ubicazione residenziale. La decisione di migrare è un effetto di come il potenziale migrante valuta l’attuale luogo di origine in riferimento ad altri siti dei quali conosce qualcosa, o verso i quali nutre delle speranze.
Le valutazioni sono collegate al livello di aspirazione, ossia il livello di realizzazione o di ambizione che l’individuo prevede per se stesso.
Un altro obiettivo del migrante è ridurre l’incertezza. Questo obiettivo può essere raggiunto mediante una serie di spostamenti intermedi o seguendo l’esempio di precedenti esperienze. La migrazione graduale implica il passaggio da una residenza in campagna a una residenza in una città centrale, attraverso una serie di cambiamenti ubicativi meno estremi.
La migrazione a catena inserisce il migrante in un flusso migratorio stabilito che parte da un’origine comune e si dirige verso una meta già predisposta. A volte, la migrazione a catena è specifica dei gruppi dei lavoratori.
Il geografo Ravenstein, dopo una serie di osservazioni, formalizzò tra gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento una serie di leggi sulla migrazioni. Tra le più importanti vi sono:
1. La maggior parte dei migranti percorre soltanto una breve distanza.
2. La migrazione a più lunga distanza favorisce le mete verso grandi città.
3. La maggior parte delle migrazioni procede passo per passo.
4. La maggior parte delle migrazioni ha luogo dalla campagna alla città.
5. Ciascun flusso migratorio produce un contro flusso.
6. La maggior parte dei migranti è costituita da adulti.
7. La maggior parte dei migranti internazionali è composta da giovani di sesso maschile.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gabriella Galbiati
[Visita la sua tesi: "Logica del tempo in Guglielmo di Ockham e Arthur Norman Prior"]
- Università: Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Geografia del mediterraneo
- Docente: Fabio Amato
- Titolo del libro: Geografia umana
- Autore del libro: J. Fellman - A. Getis
- Editore: McGraw-Hill
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