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Realismo rappresentativo e realismo ontologico


La teoria della conoscenza degli stoici voleva che il nostro modo di conoscere il mondo passa attraverso i sensi, i quali subiscono degli stimoli dall’esterno che poi il nostro intelletto rielabora. Questo vuol dire che noi siamo in contatto indiretto con la realtà. Questa idea si raggiunge senza troppi sforzi perché è quella che meglio spiega il problema dell’incoerenza delle sensazioni. Cartesio accoglie questa impostazione. Ma l’impostazione stoica ha un altro pregio che è quello che anche la scienza moderna ha accolto: le cose che percepiamo non sono realmente come le percepiamo ma si strutturano in maniera diversa. Il mondo sensibile, oltre che contraddittorio è quindi anche falso (pensiamo alla sensazione che abbiamo riguardo alla terra che è ferma e il sole che gira intorno). Quale meccanismo utilizzare allora per unire le rappresentazione del mondo che ho e il mondo stesso per ciò che è? Potrebbe essere un legame di tipo causale? Fichte si chiede come sia possibile che vi sia un legame causale se si tratta di due cose che nulla hanno a che fare?
In realtà io non muovo un oggetto pensandolo, ma devo interagire causalmente con esso per far si che si muova. Per questo motivo la mia rappresentazione dell’oggetto non basta, e non posso solo attraverso di essa interagire con il mondo concreto (quindi non causalmente). A questo realismo rappresentativo si accosta e si contrappone il realismo diretto o ontologico.

Tratto da FILOSOFIA DELLA SCIENZA di Carlo Cilia
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realismo ontologico