Concetto di reale e sue proprietà
Ma allora che risposta dobbiamo dare riguardo alle entità non osservabili che la scienza introduce e di cui si serve per conoscere il mondo? Dobbiamo sospendere il giudizio (come fa Van Frassen che è un empirista radicale)? Oppure al contrario devo ammettere ogni entità che mi appare ragiona velo se spiega un pezzo di mondo anche se non riesco a osservarla e percepirla?
Torniamo al concetto di reale. Esso è ciò che è correlato alla mia intenzionalità. Dobbiamo distinguere all’interno del concetto di reale tra soggettivo e oggettivo. Per reale in senso oggettivo intendiamo un oggetto che mostra caratteristiche di “invarianza”; per soggettivo dobbiamo invece intendere ciò che percepiamo del mondo esterno attraverso i nostri sensi e che mutare, anche relazionandoci sempre allo stesso oggetto reale. Un protone è un pezzo di mondo oggettivo perché mostra un altissimo grado di invarianza (anche il sogno per certi versi è reale, perché risulta essere una elaborazione del nostro cervello, ma esso non è affatto invariante. Quando lo è, diventa reale oggettivamente, cioè riconducibile sempre ad una serie di mie turbe o traumi passati. La distinzione tra soggettivo e oggettivo non è certo una dicotomia (l’una esclude l’altra) ma piuttosto una bipolarità poiché possiede al suo interno gradi progressivi tra l’uno e l’altro. Oggettivo e soggettivo sono gradi diversi dei realia.
Si crea allora un altro problema: qual è la differenza tra una cosa reale e le sue proprietà? Se io tolgo le proprietà all’oggetto, quello smette o no di essere oggetto? E quando? Aristotele aveva, per risolvere questo problema, diviso le proprietà in “essenziali” e “secondarie”. Se ad un gatto tolgo la coda non smette di essere un gatto pur avendo perso una sua proprietà. Si deve allora concludere che un “oggetto” può essere definito tale solo quando mostra caratteristiche di invarianza, ossia è appunto “oggettivo”. Si tratta di un circolo vizioso, ma paradossalmente non esiste un oggetto se prima non si verifica “un’oggettualità” e cioè un’invarianza. Solo in questo modo un oggetto conserverà le sue proprietà nello spazio e nel tempo e potrà essere così riconosciuto come “oggetto”.
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Dettagli appunto:
- Autore: Carlo Cilia
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Filosofia della scienza
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